Cassazione, non è ammesso il copia e incolla esagerato tra Gip e Pm

Redazione 12/06/12
Scarica PDF Stampa
La Suprema Corte di Cassazione, con  sentenza numero 22327 dello scorso 8 giugno, ha respinto il ricorso della Procura contro la pronuncia del Tribunale del Riesame che aveva censurato un Gip “troppo distratto” nello stilare l’autorizzazione alla custodia in carcere di due imputati accusati di traffico di stupefacenti.

La Corte confermato così l’annullamento della misura cautelare poiché il provvedimento del Giudice per le Indagini Preliminari, come lo definisce il giudice del riesame, “ha una motivazione soltanto apparente”.

Il Gip in questione nella sua ordinanza , infatti, aveva letteralmente ricopiato, in maniera fra l’altro maldestra, l’istanza del Pubblico Ministero.

L’atto in questione, dopo un’iniziale e generica trattazione sull’utilizzabilità delle intercettazioni che inchioderebbero gli indagati e sulla configurabilità del contesto associativo, mostra la sua vera essenza, ossia un vero e proprio collage, intriso di aspetti del tutto non pertinenti, estrapolati dall’istanza del Pm o ancora peggio provenienti da atti di inchieste diverse, che hanno finito per rendere la motivazione priva di senso e di logicità.

La Cassazione stessa ricorda che , anche dopo le modifiche normative del 1995, il provvedimento di restrizione della libertà personale e l’ordinanza che decide sul riesame sono tra loro strettamente legati e complementari, e pertanto il giudice può attingere integralmente alla richiesta del Pm, a patto sempre che abbia preso davvero conoscenza del contenuto e delle ragioni dell’atto.

Ciononostante, il Gip non deve assolutamente esagerare, come nel caso in questione, in cui ha addirittura copiato senza neanche virgolettare interi periodi usati dal Pm.

Per tale motivo si parla di “motivazione soltanto apparente”. Agendo così, il Gip fa proprio solo formalmente le argomentazioni della parte pubblica, anzi le inserisce nel suo provvedimento in maniera del tutto passiva e acritica.

Quindi, il ricorso a clausole di stile o a frasi apodittiche, senza un’idonea spiegazione delle ragioni che hanno indotto il giudice a richiamare un precedente atto, conduce certamente alla nullità del provvedimento.

Insomma, sembrano dire i giudici di legittimità, un minimo di tolleranza su una parziale aderenza delle motivazioni del Gip su quelle del Pm è ammissibile , ma non si può affatto esagerare!

Qui il testo integrale della sentenza n. 22327 dell’8 giugno 2012 della Cassazione

 

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento