Ddl anti corruzione: esame rinviato. Gli ultimi emendamenti approvati

Redazione 08/06/12
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Bisogna attendere martedì per capire se sarà possibile raggiungere un accordo ed evitare il ricorso al voto di fiducia sulla parte penale del ddl Anticorruzione.

Questa pausa, tuttavia, fa sorgere il timore che possano perdersi i miglioramenti effettuati nei giorni precedenti dalle Commissioni, ad esempio in riferimento al tema delle incandidabilità di chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato e che ha subito una condanna anche solo in primo grado, ma per reati gravi come mafia e terrorismo.

La proposta, nello specifico, prevede che nel caso in cui venissero ugualmente candidati i condannati con sentenza passata in giudicato o anche quelli che hanno subito una condanna di primo grado ma per reati gravissimi come mafia e terrorismo, la loro elezione sarà ritenuta nulla. Inoltre il patteggiamento della pena, previsto dall’articolo 444 del codice di procedura penale, è equiparato alla sentenza di condanna. Non sarà invece incandidabile chi, benché condannato, ottenga la riabilitazione (ai sensi dell’articolo 178 c.p.).

Sul tema delle incandidabilità nei giorni scorsi si era trovata una prima soluzione che prevede per l’appunto l’incompatibilità per i condannati in via definitiva per mafia, terrorismo, traffico di droga, armi e reati contro la Pubblica amministrazione senza dover attendere che il governo eserciti la sua delega, ma la presentazione improvvisa dei pareri del governo agli emendamenti ha riacceso gli animi e infervorato il clima tra partiti ed esecutivo stesso. Fra questi anche quello denominato “salva-Ruby” per le eventuali conseguenze sul processo nei confronti dell’ex Presidente del Consiglio. Nodo che rimane ancora da sciogliere.

Un importante passo avanti è stato fatto, mediante l’approvazione in Aula dell’articolo 12 del ddl anticorruzione relativo alle toghe fuori ruolo. E’ passata quindi la norma proposta in origine dal deputato del Pd Roberto Giachetti, che introduce limiti severi agli incarichi fuori ruolo dei magistrati, dopo che erano stati ritirati l’emendamento dell’Udc e il subemendamento del ministro Paola Severino che puntavano a una serie di deroghe a tali limiti.

Con la nuova norma, che si applica immediatamente anche agli incarichi già in corso, il servizio fuori ruolo non potrà essere prestato “per più di cinque anni consecutivi” e per più di dieci anni in tutto. Inoltre se ricollocati in ruolo, i magistrati di ogni ordine non possono essere riassegnati fuori ruolo “se non hanno esercitato continuativamente ed effettivamente le proprie funzioni per almeno cinque anni”.

Tale disposizione pone fine anche al privilegio dei doppi stipendi, perché le toghe fuori ruolo manterranno “esclusivamente il trattamento economico fondamentale dell’amministrazione di provenienza”.

Infine, un altro importante tema affrontato nei giorni scorsi è quello sulla responsabilità civile dei magistrati, rispetto alla quale il ministro della Giustizia Paola Severino ha presentato un emendamento in Senato. In pratica il cittadino che ha subito “un danno ingiusto” nel corso di un processo “posto in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni, può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali che derivano da privazione della libertà personale”. Lo Stato, in un secondo tempo, avrà due anni di tempo, e non più uno come finora previsto dalla legge, per rivalersi nei confronti del magistrato, prelevando fino alla metà della sua retribuzione annuale per compensare quanto sborsato a favore del cittadino danneggiato. L’importo del prelievo sulla “busta paga” del magistrato non potrà comunque superare un terzo dello stipendio.

Qui il testo degli ultimi emendamenti approvati

 

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