Insindacabilità delle opinioni dei parlamentari, la Cassazione precisa

Redazione 13/05/12
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L’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi era penalmente punibile per diffamazione quando il 26 marzo 2008, nel corso di un comizio pubblico presso il palazzetto dello sport di Viterbo, aveva detto che il leader dell’IdV Antonio Di Pietro “si era laureato grazie ai Servizi” e che aveva orrore di lui in quanto rappresentava “il peggio del peggio” e che aveva “mandato in galera italiani senza avere alcuna prova”.

Di Pietro lo aveva ovviamente denunciato per diffamazione, ma il giudice di Pace di Viterbo, nel 2010, si era espresso per la “non punibilità” trincerandosi dietro l’insindacabilità delle opinioni espresse dai parlamentari nell’esercizio delle loro funzioni.

Ma la quinta sezione penale della Cassazione annulla la pronuncia, e con la sentenza n. 17700 del 10 maggio 2012, spiega che c’è differenza tra le critiche espresse da un parlamentare nell’esercizio delle funzioni rispetto a quando l’attività viene espletata “extra moenia”, cioè fuori dal Parlamento.

«L’esimente – spiega la Cassazione nelle motivazioni – ricorre in caso di attività di parlamentare espletata fuori dal Parlamento soltanto se la critica sia connessa alla sua funzione, essendo sostanzialmente riproduttiva di un’opinione espressa in sede parlamentare e quindi legata da nesso funzionale con quest’ultima, dalla quale abbia finalità divulgativa».

La Suprema corte, rinviando la vicenda al giudice di pace di Viterbo, ha obiettato che il giudice di Pace, «senza svolgere alcuna indagine al riguardo, preso atto della delibera della Camera favorevole all’applicazione dell’art. 68 Cost., si è limitato ad osservare che le opinioni espresse da Berlusconi su Di Pietro, nel corso di un comizio elettorale, erano, per ciò solo, espressione dell’esercizio della funzione parlamentare, trascurando che l’attività “extra moenia” del parlamentare, quale quella in questione, per essere coperta dall’esimente, deve riprodurre attività svolta in sede istituzionale».

Un’indagine, chiarisce la Cassazione, «necessaria in quanto da un lato l’opinione su Di Pietro era stata espressa da Berlusconi in un comizio elettorale, sede di per sé estranea all’esercizio delle funzioni parlamentari, dall’altro le espressioni utilizzate non riguardavano la figura di uomo politico dell’antagonista, ma attingevano la sua sfera personale e professionale».

Ancora la Cassazione sottolinea che «correttamente il pm e la parte civile hanno osservato che l’articolo 3 della legge 140 del 2003 – che innova la disciplina applicativa dell’art. 68 della Costituzione – esplicita, ma non amplia, il contenuto della tutela accordata al parlamentare, limitata alle opinioni espresse o agli atti compiuti, che prestino un chiaro nesso funzionale con il concreto esercizio delle funzioni parlamentari, pur se svolte in forme non tipiche o “extra moenia”», come nel caso di un comizio elettorale.

Qui il testo integrale della sentenza della Cassazione n. 17700/2012

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