Sentenza Dell’Utri e requisitoria Iacoviello

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Il Diritto Penale – quando è vero, quando è puro, quando è libero, quando è logico – è tra le manifestazioni di scienza più affascinanti dello scibile umano.
Perché è straordinaria amalgama di teoria e pratica, di sapere astratto e vita concreta, di logica deduttiva e ragionamento induttivo.

Non tutti gli Operatori del Diritto sono Giuristi. Molti rimangono impantanati nella logica del culturalmente spicciolo.
Né è un caso che la letteratura canzonatoria della comunicazione di massa sia solita dipingere avvocati e magistrati come azzeccagarbugli alla ricerca di pulci nelle carte processuali.
Nulla di più ingiusto e lontano dalla realtà, ove si consideri che rispettare la piena corrispondenza tra la fattispecie legale astratta stabilita dall’Ordinamento (non devi uccidere nessuno e se lo fai ti condanno all’ergastolo) e la fattispecie concreta contestata all’imputato (tu X hai ucciso Z in quel determinato luogo e momento, hai violato il mio divieto, io ti punisco), è tra le operazioni logiche e giuridiche più difficili che si possano immaginare. Per una volta in cui tutto combacia, altre mille lasciano fuori qualcosa.
Eppure, Giustizia può dirsi realmente fatta solo quando vi sia perfetta aderenza tra l’una e l’altra, e dunque risulta assicurata l’equazione Legalità – Equità.

La Suprema Corte di Cassazione è l’ultima spiaggia del Diritto pratico, quella in cui si cerca di completare in via definitiva la quadratura del cerchio.
Ma anche in Cassazione non sempre la quadratura riesce. A meno che ….
A meno che il Diritto non abbia la fortuna di incontrare sulla sua strada un Giurista.

Nella vicenda Dell’Utri – non importa, secondo la nostra chiave di lettura, se più o meno innocente o più o meno colpevole – il Giurista che ha innescato la miccia di questa straordinaria vittoria del Diritto è Francesco Iacoviello, Magistrato della V Sezione Penale che ha concluso nelle vesti di Procuratore Generale.
Una requisitoria molto tecnica la sua, in cui vengono correttamente ricordati i fondamentali assi portanti della logica accusatoria: “…. Se c’è un imputato ci deve essere una imputazione. Qui abbiamo un imputato, un reato. Ma non un’imputazione. O meglio, un’imputazione liquida. Per una condanna solida …. Si altera l’ordine logico del processo, riflesso nella struttura della sentenza: imputazione – motivazione – decisione …. Non è formalismo ma sostanza: se il fatto è un omicidio, l’imputazione è per così dire in re ipsa. Ma se il fatto è concorso esterno le cose cambiano drammaticamente … Si tratta di questioni miste di fatto e di diritto: la mancata descrizione del fatto impedisce alla Cassazione la qualificazione normativa del fatto …”.
Solo qualche stralcio. Quel tanto che riesca a far comprendere come, all’interno di un processo penale, sia tutto assai più complicato di quanto comunemente detto fuori dalle aule di giustizia.

Ancor più pregevole è che il saggio Procuratore Iacoviello – a chi volesse maliziosamente confondere Diritto e Politica (intendendo per essa qualsivoglia condivisione di natura empatica con l’imputato) – senta l’esigenza di ricordare: “l’annullamento con rinvio per vizio di motivazione non vuol dire che l’imputato è innocente. Vuol dire che la motivazione è viziata, non che la decisione sia sbagliata. E’ un annullamento fatto non a favore dell’imputato. Ma a favore del diritto”.

Oggi su questa requisitoria si continua a parlare ed a sparlare …. malamente, e da non giuristi. Ma è solo leggendola in integrale – lo schema redatto dal P.G. Iacoviello è ormai diventato dominio del web – che si potrà toccare con mano cosa vuol dire fare seriamente Diritto.

 

Franzina Bilardo

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