Microsoft ha acquistato Skype … d’ora innanzi quale privacy?

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La notizia, per gli addetti ai lavori, non è sconvolgente per il prezzo stratosferico che l’azienda di Redmond è disposta a pagare per quello che viene considerato uno dei migliori programmi al mondo per il Voice over IP e la videoconferenza a basso costo (8,5 miliardi di dollari), ma per le conseguenze che potrebbe avere sulla riservatezza delle comunicazioni.

Fino ad oggi, il team di Skype aveva sempre rifiutato di cedere alle pressioni dei vari governi, che chiedevano la consegna del codice sorgente dell’applicativo per consentire le intercettazioni da parte delle Forze dell’Ordine e dei Servizi Segreti, paventando un possibile uso per finalità criminali e terroristiche del sistema di comunicazione interpersonale.

Chi ricorda la polemica di una decina di anni fa, scatenata dalla scoperta di una presunta backdoor all’interno di Windows, che avrebbe consentito alla NSA di accedere a qualsiasi elaboratore dotato del sistema operativo Microsoft, indipendentemente dalle misure di protezione adottate, comprenderà che il rischio di una compromissione del codice di Skype, da parte del colosso di Redmond, è tutt’altro che peregrina, trattandosi di azienda certamente più sensibile, rispetto agli attuali proprietari di Skype, alle esigenze del Governo e delle Agenzie che garantiscono la sicurezza dei cittadini statunitensi.

Il controllo a distanza, del resto, venne ipotizzato dalla NSA già alla fine degli anni 80, con il famigerato clipper chip, che avrebbe dovuto consentire la decodifica di qualsiasi trasmissione protetta, da parte del Governo degli Stati Uniti, grazie ad un chip decodificatore da installare su qualsiasi apparato di comunicazione. Il progetto fu abbandonato nel 1996 per gli elevatissimi costi di realizzazione e per l’inutilità dell’implementazione, poiché i vecchi apparati sarebbero stati comunque sicuri e dato che, nel frattempo, si stava affermando la comunicazione per via telematica.

La questione ripropone, in realtà, l’antico dilemma del bilanciamento di interessi tra la tutela della riservatezza delle comunicazioni e le pur legittime esigenze di prevenzione dei crimini e del terrorismo, ed è comprensibile, in considerazione della primaria importanza della tutela della sicurezza nazionale, che un’azienda come Microsoft collabori con il Governo Statunitense per simili finalità. Resta tuttavia il rischio di un abuso del sistema di intercettazione implementato nel software da parte degli addetti ai lavori, che, come accaduto – in tempi neppure troppo remoti – con un noto operatore delle comunicazioni italiano, potrebbero utilizzare per finalità illecite le conversazioni acquisite con il procedimento di decodifica delle trasmissioni – finora sicure – di Skype.

Ed è un problema che si ripropone ogni qualvolta un software dedicato alla sicurezza dei dati e delle comunicazioni, gestito da un team di esperti indipendenti, viene acquistato da una società commerciale.

In definitiva, in attesa di conoscere l’esito delle analisi alle quali, i soliti esperti indipendenti, certamente sottoporranno le nuove versioni di Skype, è preferibile attendere prima di aggiornare la versione attualmente installata.

Gianluca Pomante

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