La (in)competenza giurisdizionale nelle controversie che coinvolgono multinazionali della new economy

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La Cassazione francese, il 29 marzo scorso, ha emanato una decisione molto interessante che riguarda il problema, molto dibattuto, della competenza territoriale dei giudici nazionali nelle controversie che riguardano multinazionali della new economy.

Il caso di specie è piuttosto elementare. Una società francese, la Maceo, ritiene che, all’interno del sito di aste telematiche e-Bay, sia commessa una contraffazione del proprio marchio (francese e comunitario) “April 77”. Al fine di chiedere la cessazione della violazione in questione, la Maceo cita in giudizio le società e-Bay Europe (con sede in Lussemburgo), e-Bay France (con sede in Francia) e e-Bay Inc. (con sede negli Stati Uniti) dinanzi al Tribunale de Grande Instance di Parigi.

Sia in primo grado che in appello, l’attore ottiene ragione delle sue pretese e le tre società vengono condannate. Occorre, però, notare – e il punto viene correttamente eccepito dalle resistenti – che le tre società svolgono attività differenti, non costituendo e-Bay France e e-Bay Europe mere filiali nazionali della società madre statunitense.

La Suprema Corte francese – smentendo i primi gradi di giudizio – accoglie questa lettura, affermando che “la seule accessibilité d’un site internet sur le territoire français n’est pas suffisante pour retenir la compétence des juridictions françaises”.

Il fatto che gli utenti francesi possano accedere al sito gestito da e-Bay Inc. non è, quindi, condizione soddisfacente al fine di affermare la competenza del giudice francese.

La questione ruota essenzialmente intorno alla nozione di stabilimento e al grado di indipendenza – in termini di operatività, ma non solo – delle società controllate. Le società nazionali, per quanto generalmente controllate per intero dalla società-madre, svolgono difatti attività del tutto differenti, occupandosi prevalentemente di raccolta della pubblicità sul territorio o occupandosi dei rapporti con le istituzioni nazionali e, in generale, di public policy.

La decisione della Cassazione francese, quindi, disattende le istanze di chi, sulla scorta della più rigorosa giurisprudenza della Corte di Giustizia, ritiene che sussista stabilimento anche in presenza di “un semplice ufficio, gestito da persone dipendenti dall’impresa” (come nel caso Reinhard Gebhard) ovvero nel caso in cui sia presente un agente sul territorio nazionale (cfr., al riguardo, l’opinione dell’Avvocato Generale Darmon nel caso Daily Mail).

Sulla questione, com’è noto, si è recentemente pronunciato anche il Tribunale di Roma, nell’ordinanza “About Elly”, concludendo che Google Inc. e Microsoft Inc., in quanto società di diritto straniero, non operanti sul territorio italiano, non possano essere giudicate da un tribunale italiano.

Al riguardo, è appena il caso di rammentare anche la giurisprudenza della Suprema Corte – che ha affrontato per lo più questioni di diritto tributario – la quale è orientata a ritenere che sia necessario sganciarsi dalle forme giuridiche utilizzate (tralasciando, quindi, l’eventuale controllo societario), e preferire una valutazione casistica, che accerti il grado di autonomia dalla società madre straniera della società operante in ambito nazionale e, in concreto, le attività poste in essere da quest’ultima (cfr. Cass., 7 marzo 2002, n. 3367).

Si tratta di una lettura, a parere di chi scrive, del tutto condivisibile, che scongiura il rischio – paventato anche nella decisione della Cassazione francese – che la semplice accessibilità di un sito possa determinare una “competenza universale” in capo ai tribunali nazionali.

Giovanni Maria Riccio

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