Elezioni politiche 2013, programmi a confronto su tasse e crescita

Redazione 20/02/13
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Qual è il programma elettorale che più di tutti gioverà al Paese? Quale quello che farà scendere di più le tasse? E quello che comporterà un maggior calo di disoccupazione? A queste, tutt’altro che semplici domande, ha cercato di rispondere dall’istituto Oxford Economics, esaminando i progetti delle maggiori forze in campo.

Il centro di ricerca ha inoltrato alle direzioni dei principali partiti e forze politiche un questionario di venti domande, al fine di massimizzare la trasparenza della comunicazione e dei futuri piani di governo delle liste presenti alle elezioni politiche di domenica 24 e lunedì 25 febbraio 2013.

Non tutti, a quanto sembra hanno risposto: l’analisi elaborata dall’Oxford Economics si basa, infatti, sulle indicazioni rilasciate da Pdl, Pd, Con Monti per l’Italia e Fare per fermare il declino.

Cominciamo dal programma elettorale del Pd, che, comunque, non ha rilasciato dati precisi su come finanziare le misure. Secondo le elaborazioni, le proposte del partito di Bersani avrebbero un effetto pari allo +0,4% del Pil, con una crescita prevista nel 2014 dello 0,4% che, tra il 2016 e il 2018, incrementerebbe all’1,4%. Il reddito a disposizione dei nuclei famigliari, secondo quanto promette di realizzare il Partito democratico, salirebbe dell’1% in confronto all’esistente. Il deficit, in seguito, avrebbe una flessione del 2,2% già nel 2013, per poi stabilirsi all’1,1% nel 2018, mentre il debito passerebbe dal 126,4% del Pil attuale al 117,4% nel 2018.

Passiamo, dunque, al Pdl, che, in linea teorica, avrebbe il programma con il maggiore effetto sul Pil, che risente però di una forte incognita, ossia quella delle entrate necessarie a sostenere i progetti. Nel 2017, poi, le proposte del Popolo della libertà porterebbero la disoccupazione a scendere sotto il 10%. Il rimborso dell’Imu non consentirà, però, di limitare la conseguenza negativa che gli studiosi della Oxford Economics ravvisano nel programma di Berlusconi, cioè il rischio che, a partire dal 2017, il deficit torni a salire oltre il 3% del Pil. Una combinazione che, con il mantenimento del fiscal Compact europeo, dove il pdl intenderebbe rimanere, potrebbe indurre il partito a rivedere i suoi piani.

Meno accentuata è invece, la crescita stimata del Pil secondo le priorità dell’agenda Monti, soprattutto nell’anno in corso e nel 2014. Rispetto alle politiche messe in atto dallo stesso Monti con le ultime manovre, l’economia trarrebbe solo nel 2018 un beneficio dello 0,8% in aggiunta a quanto già in essere. in aumento, però, il reddito a disposizione delle famiglie, anche se l’inflazione scenderebbe meno rispetto ai programmi concorrenti in virtù della conferma all’aumento dell’Iva di un punto percentuale. Deficit sotto l’1,5 del Pil nel 2018 e debito al 112,1%, sempre nello stesso anno.

E veniamo al programma della lista Fare per fermare il declino, che a parere degli oxfordiani porterebbe, in simultanea, a una salita del Prodotto interno lordo e a una diminuzione del tasso di disoccupazione, che scenderebbe entro il 10% nel 2018. Da sottolineare, secondo i dati forniti, come il taglio delle imposte previsto da Fare abbia un impatto più forte rispetto agli avversari diretti. Però, lo scotto è un deficit più alto che altrove (oltre 1,5%).

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