Stepchild adoption, quando è possibile? Il fine che il Giudice deve perseguire

Ileana Alesso 03/08/16
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Stepchild adoption: il fine che il Giudice deve perseguire è quello del miglior interesse del bambino anche se la legge non prevede il caso dell’adozione di un minore da parte della convivente omossessuale della madre.

Si consiglia il seguente volume

Unioni civili e convivenze di fatto L. 20 maggio 2016, n. 76

Dopo un travaglio lungo trent’anni, l’Italia si è data una regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e delle convivenze “di fatto” omo ed eterosessuali con L. 20 maggio 2016 n. 76 (G.U. 21 maggio 2016, n. 118).La disciplina si era ormai resa necessaria a seguito della condanna da parte della Corte Edu e dei moniti rivolti al legislatore da parte della Corte costituzionale. La presente opera è frutto della collaborazione di esperti del diritto di famiglia, dei diritti umani, di costituzionalisti e comparatisti.Il risultato è un’analisi lucida e approfondita dei nuovi istituti, ma anche una guida di valore operativo:• alle modalità di costituzione e di scioglimento delle unioni• alle cause impeditive e di nullità;• agli obblighi dei contraenti;• al regime patrimoniale;• agli effetti legali e ai diritti dei conviventi di fatto;• ai diritti post mortem dei conviventi superstiti;• alla procreazione e all’adozione;• ai contratti di convivenza (di cui è riportato un esempiopratico).L’opera risulta così uno strumento particolarmente prezioso per gli studiosi e i professionisti che si avvicinano alla nuova disciplina.

A cura di Marilena Gorgoni | 2016 Maggioli Editore

Il caso

Una donna fa richiesta di adozione di un bambino ai sensi dell’art. 44 della legge 184/1983, che disciplina l’adozione in casi particolari.

Il bambino, infatti, è nato e cresciuto nell’ambito di un nucleo familiare composto da sole donne e la richiedente ha sempre svolto nei suoi confronti le veci di madre.

Al riguardo le donne risultano conviventi da tempo e si sono poi sposate in Islanda. La relazione dei Servizi sociali competenti conclude con un parere positivo all’adozione tuttavia il Tribunale di Torino respinge la domanda.

Il motivo principale consiste nel fatto che il presupposto per l’adozione è lo stato di abbandono del minore che, nel caso in esame, non sussiste.

Contro la decisione del Giudice di primo grado la donna ricorre in appello sostenendo che il Tribunale non ha adeguatamente considerato le esigenze del minore.

La Corte d’Appello dà ragione alla donna e afferma che:

– il matrimonio tra le due donne non è rilevante ai fini della decisione poiché non ha valore per l’ordinamento italiano, tuttavia occorre indagare se sia necessaria la dichiarazione di abbandono del minore per consentire la sua adozione in un caso come quello in questione;

– la norma in esame è piuttosto oscura e va interpretata tenendo conto anche del sistema di regole e di relazioni sociali in cui viviamo: quello che importa sopra ogni cosa è che sia perseguito l’interesse del minore, poiché compito del giudice è rendere effettivi i diritti previsti dalla legge;

– la Corte europea dei diritti dell’uomo dà una definizione di famiglia e di vita familiare fondata sui fatti e non su condizioni giuridiche, basata sull’affettività dei legami piuttosto che su un determinato status giuridico;

– nel caso in questione tutta la documentazione prodotta dalle due donne, oltre alla relazione dei Servizi sociali, evidenzia una famiglia accudente dal punto di vista affettivo e rispondente ai bisogni del minore; il forte legame che lega il piccolo e la signora è immediatamente visibile tanto quanto il rapporto esistente con la madre biologica;

– alla luce di tutto quello che precede, la Corte ritiene di dover accogliere la domanda di adozione poiché attraverso l’adozione si concretizza il migliore interesse del minore e non sussistono gli impedimenti di diritto riscontrati dalla sentenza di primo grado.

 

Ileana Alesso

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