Tre disegni di legge per frenare lo sviluppo del Paese.

Redazione 29/10/11
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Sono tre iniziative di legge inutili ed irresponsabili quelle con le quali, in straordinaria sintonia, gli Onorevoli Fava (LNP), Centemero (PDL) e Tomassini (PdL) hanno manifestato l’intenzione di rivedere l’attuale disciplina in materia di responsabilità degli intermediari della comunicazione – ovvero Internet service provider – irrigidendone l’attuale regime, risultato dell’attuazione – secondo gli estensori dei tre ddl imperfetta – della regolamentazione europea.

Circa le aberrazioni giuridiche contenute nei ddl Fava e Centemero [n.d.r. non è ancora disponibile il testo presentato dall’On. Tomassini] si è già detto e scritto molto.

Ora, tuttavia, il punto è un altro.

Con una recente Sentenza dello scorso 25 ottobre la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha, infatti, chiarito che la direttiva sul commercio elettronico – ovvero quella dalla quale origina la disciplina italiana che si vorrebbe ora modificare con i tre disegni di legge presentati in Parlamento – va interpretata nel senso che al prestatore di un servizio della società dell’informazione non può, in nessun caso essere applicata una disciplina nazionale in materia di responsabilità che comporti effetti e/o conseguenze più severe di quelle cui il prestatore medesimo andrebbe in contro applicando la disciplina vigente nel Paese nel quale è stabilito.

Fuor di giuridichese questo significa che un internet service provider – poco conta che si fornisca hosting, caching o mere conduit – è soggetto, in materia di responsabilità civile, in ogni caso alla disciplina del Paese nel quale ha scelto di stabilirsi e non in quella del Paese nel quale eroga i propri servizi almeno ogni qualvolta quest’ultima comporterebbe per lui un più severo regime di responsabilità.

Tale principio, spiegano i Giudici della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, si pone l’obiettivo di garantire la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione prestati dagli internet service provider, consentendo a questi ultimi, all’atto dell’avvio della loro attività, di nutrire una ragionevole certezza circa le regole di diritto da rispettare e le conseguenze di ogni eventuale violazione.

Tale obiettivo, si spiega nella Sentenza, non sarebbe perseguibile laddove si ammettesse il principio secondo il quale gli internet service provider sono chiamati a rispondere di ogni eventuale responsabilità alla stregua della legge vigente in ognuno dei Paesi nei quali erogano i propri servizi.

In tale contesto – e si fa fatica a credere che la circostanza sia sfuggita agli Onorevoli estensori dei tre disegni di legge – è ovvio che irrigidire, nel solo nostro Paese, la responsabilità per gli internet service provider è inutile ed irresponsabile.

Inutile perché nessuno dei grandi internet service provider, nemici di nostra Signora Mediaset, a cui pensano gli estensori dei ddl è stabilito in Italia e perché sarà sin troppo facile per i pochi che vi sono stabiliti, trasferire la propria sede all’estero sottraendosi al nuovo severo regime di responsabilità che si vorrebbe introdurre.

Irresponsabile perché, per questa via, si disincentiverà, ancor di più [n.d.r. il nostro è già un Paese dotato di scarso appeal verso i fornitori di servizi della società dell’informazione] lo stabilimento di nuovi internet service provider nel nostro Paese e si discrimineranno, in negativo – imponendo loro un regime di responsabilità più rigido e severo – i prestatori di servizi di casa nostra e tutti quelli che, sin qui, hanno avuto il coraggio di stabilirsi, anche, nel nostro Paese.

Talvolta, prima di lasciarsi dettare un disegno di legge da un lobbista e decidere di portarlo in Parlamento, forse, i nostri onorevoli dovrebbero sforzarsi di ampliare i propri limitati orizzonti ed interrogarsi su ciò che è meglio – oltre che per il titolare degli interessi di parte che ne ispira l’iniziativa – anche per il resto del Paese.

Se i tre disegni di legge dovessero trasformarsi da nefasti propositi in realtà, il nostro Paese si ritroverebbe a compiere una straordinario “passo del gambero”, che ne frenerebbe ulteriormente lo sviluppo economico, industriale e tecnologico.

Nell’ipotesi in cui accadesse, vale la pena di prendere nota dei tre nominativi, da aggiungere al lungo elenco degli irresponsabili che stanno scippando al Paese il proprio futuro per proteggere gli interessi dei soliti noti.

Redazione

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