Lo scorso martedì 28 ottobre, il procuratore aggiunto Vittorio Teresi e il sostituto Nino Di Matteo, con la presenza pm Roberto Tartaglia, Francesco Del bene e dal capo ad interim della Procura Leonardo Agueci, si sono infatti recati al Quirinale per interrogare il Capo dello Stato in merito alla lettera che nel giugno 2012 ricevette dall’allora consigliere Loris D’Ambrosio, deceduto un mese dopo improvvisamente per un infarto.
Nel corso dell’udienza, protrattasi per diverse ore, Napolitano non si è sottratto alle domande dei pubblici ministeri e, dimostrandosi pienamente collaborativo.
Dunque, pur nella macchia che può aver contraddistinto quest’ultimo scampolo di mandato – andato già ai tempi supplementari, dopo la conferma dell’aprile 2013 al Colle per l’impasse politico istituzionale che si era venuto a creare – il presidente della Repubblica ha dimostrato massima collaborazione verso i pm che lo hanno raggiunto a Roma.
Nello specifico, Napolitano è stato interrogato anche come possibile bersaglio della stagione delle stragi che si concluse con l’uccisione del giudice Paolo Borsellino nel luglio del 1993. Allora, infatti, l’esponente del Pds del tempo era presidente della Camera e, insieme a Giovanni Spadolini, che guidava invece il Senato, rientrava nella lista degli obiettivi sensibili di Cosa Nostra che aveva già colpito il giudice Giovanni Falcone con la sua scorta e, insieme, progettava di farsi sentire nelle principali città italiane, attaccando al cuore le istituzioni anche nei suoi uomini più rappresentativi.
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