Cos’è successo? Semplice: la Cassazione ha stabilito che se il Comune non dimostra l’esistenza di aree a sosta gratuita nei pressi di quelle a pagamento, la contravvenzione può essere annullata dall’autorità giudiziaria. Si tratta di quanto inscritto nell’ordinanza n. 18575 della Suprema Corte di Cassazione uscita lo scorso 3 settembre.
Secondo la sentenza, la multa sulle strisce blu sarà nulla se nelle vicinanze del parcheggio incriminato non sia dimostrabile da parte dell’ente locale l’esistenza di spazi di parcheggio con le righe bianche, e dunque a sosta gratuita o a disco orario.
Nel caso di specie i giudici di legittimità hanno accolto il ricorso di una donna sanzionata per aver parcheggiato nell’area a pagamento senza esporre il tagliando. In particolare, nella sentenza si sottolinea che “nel giudizio di opposizione a verbale di accertamento di infrazione del codice della strada, grava sull’autorità amministrativa opposta, a fronte di una specifica contestazione da parte dell’opponente, che lamenti la mancata riserva di una adeguata area destinata a parcheggio libero, la prova della esistenza della delibera che escluda la sussistenza di tale obbligo ai sensi dell’art. 7 comma 8 C.d.S.“.
In definitiva, le strisce blu da oggi fanno un po’ meno paura: dovrebbe essere dunque molto più agevole vincere il ricorso contro la contravvenzione spiccata dagli agenti in pettorina o da quelli in divisa, che terrorizzano gli automobilisti con i famigerati blocchetti. Ora, l’infrazione al codice della strada viene se rilevata, ma nel procedere in giudizio di opposizione al verbale di trasgressione della norma, sarà l’amministrazione a dover comprovare la permanenza di soste gratuite in loco, al fine di garantire l’opportunità di parcheggio, pena l’annullamento del verbale.
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