Stop alla caccia alle balene nell’Antartico

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Con sentenza del 31 marzo 2014, la Corte internazionale di Giustizia si è pronunciata sulla controversia relativa alla caccia alle balene nell’Antartico che opponeva l’Australia al Giappone e vedeva la Nuova Zelanda quale terza interveniente.

Sia il Giappone che l’Australia sono parti contraenti della Convenzione internazionale sulla regolamentazione della caccia alle balene, adottata il 2 dicembre 1946 e completata da un regolamento annesso che ne costituisce parte integrante. La Convenzione ha istituito la Commissione baleniera internazionale, che è competente per la conservazione degli stock di balene e la gestione della caccia degli stessi. A partire dalla metà degli anni ’80 la caccia alle balene è vietata, salvo in alcune ipotesi eccezionali, fra cui quella prevista all’articolo 8, par. 1 della Convenzione, che consente agli Stati contraenti di rilasciare ai propri cittadini permessi speciali per l’uccisione, la cattura e il trattamento delle balene a fini di ricerca scientifica. Inoltre, nel 1994 la Commissione ha approvato l’istituzione di un santuario, che si estende alla quasi totalità dell’oceano Antartico al di sotto del quarantesimo parallelo ed è inteso a proteggere le zone di alimentazione delle balene nonché a consentire il graduale ristabilimento degli stock. Il solo Paese dissenziente è costituito per l’appunto dal Giappone, che tuttora attua un vasto programma di caccia alle balene in questa parte di oceano.

Il 31 maggio 2010, l’Australia presentava un ricorso dinanzi la Corte dell’Aja in merito al programma giapponese JARPA II, nell’ambito del quale sono rilasciati permessi speciali per la cattura, l’uccisione e il trattamento di megattere, balenottere comuni e balenottere minori dell’Oceano Antartico, per fini che il governo giapponese sostiene essere di mera ricerca scientifica. Il programma JARPA II è stato avviato nel novembre 2005, prima ancora che il comitato scientifico istituito dalla Commissione avesse completato la sua valutazione al riguardo. Nel suo ricorso l’Australia escludeva l’applicabilità dell’eccezione prevista dall’articolo VIII, par.1 della Convenzione e deduceva la violazione delle seguenti norme del regolamento: il paragrafo 10, lett. e), relativo all’obbligo di rispettare in buona fede il limite pari a zero del numero di balene uccise a fini commerciali; il paragrafo 7, lett. b), recante l’obbligo di astenersi dallo svolgere attività di caccia commerciale della megattere e delle balenottere comuni nel santuario dell’Antartico; il paragrafo 10, lett. d), recante l’obbligo di rispettare la moratoria che pone il divieto di catturare, uccidere o trattare le balene, fatta eccezione per le balenottere minori, mediante impianti galleggianti e imbarcazioni di supporto; nonché il paragrafo 30, recante obblighi di natura procedurale ai fini del rilascio di permessi di caccia per finalità di ricerca scientifica.

La Corte ha dapprima escluso, alla luce delle prove fornite, che le attività di caccia svolte nell’ambito del programma JARPA II perseguano fini di mera ricerca scientifica e possano quindi essere giustificate ai sensi dell’articolo VIII, par. 1 della Convenzione. Successivamente, ha accertato la violazione, da parte del Giappone, dei propri obblighi derivanti dalle norme del regolamento invocate dall’Australia, ad eccezione degli obblighi procedurali. Ad essere criticato è stato non tanto il ricorso a prelievi di campioni nel corso delle attività di caccia, quanto la vastità dei campionamenti effettuati e le modalità concrete di implementazione del programma, che appaiono nettamente sproporzionate rispetto agli obiettivi teoricamente perseguiti. Per quanto riguarda specificamente le citate norme del regolamento, la Corte ha constatato che, a partire dal 2005, il Giappone ha fissato dei limiti di catture superiori a zero nei confronti di tre specie di balene, in tal modo violando la moratoria sulla caccia commerciale di cui al paragrafo 10, lett. e) del regolamento. Il programma JARPA II prevede inoltre l’utilizzo dell’impianto galleggiante “Nisshin Maru” e di altre imbarcazioni di supporto per svolgere attività di caccia di balene ed è stato implementato in seno al santuario istituito nell’Oceano Australe, in contrasto con quanto previsto dai paragrafi 10, lett. d) e 7 lett. b) del regolamento.

La Corte ha quindi condannato il Giappone a revocare qualunque permesso già rilasciato nell’ambito del programma JARPA II e a non rilasciar alcun altro permesso di questo tipo in futuro.

Claudia Nannini

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