Per quanto riguarda l’oggetto sociale, Assonime, si legge nella circolare, considera legittimato “ogni campo dell’attività economica” allo “sviluppo di prodotti o servizi ad alto tasso di innovazione tecnologica”. Non ritiene dunque “ammissibile una limitazione a priori dei campi di attività in cui l’impresa start up innovativa può operare, ivi compresi quelli tecnologicamente maturi. La locuzione dovrebbe essere intesa in senso ampio, come riferita a ogni attività economica da cui possa discendere l’introduzione di nuovi prodotti e nuovi servizi, nonché a nuovi metodi per produrli, distribuirli e usarli”. Più che nell’oggetto sociale, un dettaglio sui menzionati profili dovrà essere contenuto nelle distinte informazioni aggiuntive da divulgare al Registro delle imprese, ai sensi dell’articolo 25, comma 12, della legge 221/2012, dove è testualmente prevista una breve descrizione dell’attività svolta.
Passando poi alla natura della società e al trasferimento quote, l‘art. 25, comma 2, lett. c) della legge 221 stabilisce che la sede principale degli affari e degli interessi della start up innovativa debba mantenersi in Italia. Questa condizione secondo Assonime non può venire intesa come riferibile alla sede legale della società così come indicata nell’atto costitutivo. La sede principale degli affari e interessi deve al contrario essere individuata sulla base di un principio di effettività di svolgimento degli affari e interessi. In altri termini, la società dovrà avere la sede principale dei propri affari e interessi in Italia, dove devono essere altresì collocati gli organi di amministrazione e di gestione ed essere svolte le primarie funzioni strategiche, gestionali ed amministrative. Nessun problema dovrebbe, invece, venirsi a creare dal trasferimento di quote o azioni di società, o da aumenti di capitale mediante subentro di nuovi soci nel periodo di start up, purché all’interno del primo biennio la maggioranza delle quote continui a stare in mano a persone fisiche.
I requisiti di qualificazione sono di pertinenza anche degli amministratori. In relazione alle specifiche qualifiche dei lavoratori o collaboratori infatti (almeno 1/3 della forza lavoro deve essere munita di dottorato di ricerca presso università italiana o straniera o di una laurea e aver svolto, da almeno tre anni, attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca, pubblici o privati, in Italia o all’estero) sembra più logico e conforme alla natura della legge ritenere che il parametro quantitativo della forza lavoro qualificata possa prendere in considerazione anche le figure degli amministratori. Si consideri, ad esempio, il caso in cui più soggetti sono coinvolti nella creazione di un’impresa per lo sviluppo di una determinata proposta innovativa di cui gli stessi diventano amministratori assumendo come dipendenti esclusivamente personale impiegatizio.
Con la circolare di Assonime, si tratta infine l’argomento riguardante i conferimenti ammissibili. In via del tutto analoga a quanto spiegato per il cosiddetto “bonus capitalizzazione”, spettante anche con riguardo ai versamenti a fondo perduto che non comportino obbligo di restituzione così come alla rinuncia incondizionata dei soci al diritto di restituzione dei crediti vantati nei confronti della società, sembrerebbe che l’Agenzia delle Entrate possa giungere alle medesime conclusioni anche in relazione alle agevolazioni oggetto della questione. Il riferimento espresso della norma alla “somma investita”, tuttavia, sembrerebbe escludere dal rispettivo ambito applicativo i conferimenti in natura.
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