Società tra professionisti: il parere del CUP

Redazione 10/01/12
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In una circolare diramata dal Comitato Unitario Permanente degli ordini e Collegi Professionali (CUP) il 2 gennaio 2012, i professionisti evidenziano gli aspetti di maggiore criticità della normativa sulla società tra professionisti (STP) introdotta dalla L. 183/2011 (cd. Legge di stabilità 2012), avanzando alcune proposte di modifica dirette a completare e meglio definire la relativa disciplina, al fine di salvaguardare le prerogative degli ordinamenti professionali, a prescindere dalla forma giuridica con cui la professione venga svolta.

Deve ricordarsi, in proposito, come l’art. 10 della citata L. 183/2011 preveda la possibilità di costituire società tra professionisti secondo uno dei modelli societari regolati nei Titoli V e VI del Libro V del codice civile, e dunque secondo lo schema della:

a) società semplice;

b) società in nome collettivo;

c) società in accomandita semplice;

d) società per azioni;

e) società in accomandita per azioni;

f) società a responsabilità limitata;

g) società cooperativa.

Molte sono tuttavia le incongruenze e le imprecisioni in cui è incorso il legislatore nella disciplina di tali società tra professionisti. Denunciando una frettolosa e non discussa iniziativa legislativa, il CUP auspica un immediato intervento correttivo che contempli un coinvolgimento delle professioni che è mancato nella fase di urgenza in cui è stata inopportunamente introdotta la disciplina delle suddette società. Tale intervento correttivo dovrebbe affiancarsi all’attività di redazione del decreto che il Ministro della giustizia, di concerto con quello dello sviluppo economico, è chiamato ad emanare entro il termine di sei mesi dall’entrata in vigore della L. 183/2011 (art. 10, co. 10). Del resto, si sottolinea che, fin quando non sarà emanato detto decreto, nessuna società potrà iscriversi ad alcun albo professionale per difetto di una regolamentazione che disciplini anche l’iscrizione delle STP negli albi professionali. Ai sensi dell’art. 10, co. 7, della legge in questione, infatti, i professionisti soci sono tenuti all’osservanza del codice deontologico del proprio ordine, così come la società è soggetta al regime disciplinare dell’ordine al quale risulti iscritta. Il che implica che la costituita società deve risultare iscritta all’albo professionale; viceversa, fin quando tale iscrizione non potrà essere effettuata in difetto di regolamentazione, la società, anche se costituita e inserita nel Registro delle imprese, non potrà svolgere in concreto la propria attività, nonostante la L. 183/2011 sia entrata in vigore a partire dal 1° gennaio 2012. Condizione essenziale per la sua operatività, come precisato dal CUP, è che presso il Registro delle imprese venga depositata apposita certificazione rilasciata dal competente ordine professionale attestante l’avvenuta iscrizione presso lo stesso della società, previa valutazione da parte del medesimo ordine dell’esistenza dei requisiti previsti dalla legge e dall’emanando regolamento.

Ulteriori profili di criticità evidenziati dalla circolare in oggetto attengono ai seguenti aspetti:

a) necessità di precisare ulteriormente che l’attività professionale è l’esclusiva attività che la società può svolgere e che ciò deve avvenire a cura dei soli soci professionisti, con le modalità di incarico da precisarsi in sede di regolamento. Al fine di evitare inammissibili disparità di trattamento tra società di professionisti e professionisti che esercitano a titolo individuale la propria attività, è necessario altresì affermare con chiarezza il principio per cui la società non è soggetta alla legge fallimentare, proprio per la netta distinzione che l’«esclusività» dell’attività professionale produce nei confronti dell’attività di impresa;

b) con riferimento alle qualità dei soci professionisti, appare quanto mai opportuno riformulare la lett. b) del comma 4, art. 10 della L. 183/2011, laddove ai cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, per la partecipazione alle società tra professionisti, si richiede in modo improprio il solo possesso del titolo di studio abilitante. Occorrerebbe, invece, fare espresso riferimento alla qualifica professionale riconosciuta per l’esercizio della professione regolamentata nel rispetto delle previsioni delle direttive europee, non attribuendo il mero titolo di studio abilitante alcuna qualifica professionale, ma solo il diritto a conseguirla ottenendo l’abilitazione;

c) incongruenza tra la volontà espressa di far salvi i modelli societari ed associativi esistenti alla data di entrata in vigore della L. 183/2011 e la disposta abrogazione della L. 1815/1939, costituente l’unico riferimento normativo per la regolamentazione delle associazioni professionali esistenti. Si suggerisce, pertanto, un intervento correttivo che consenta di mantenere la legittimità delle migliaia di associazioni professionali esistenti, oltre a renderne possibile la costituzione di nuove;

d) con riferimento alle «società interdisciplinari» o «interprofessionali», necessità di chiarire a quale albo debba iscriversi la società costituita tra professionisti iscritti ad albi differenti e come tale previsione debba essere recepita dagli ordinamenti professionali in cui esistano precipue o pressoché totali incompatibilità con l’esercizio di altre attività professionali.

Ciò precisato, il CUP preme per un tempestivo intervento nella direzione indicata e per una sollecita redazione del decreto ministeriale di regolamentazione della materia che preveda un fattivo coinvolgimento delle professioni.

Qui il testo integrale della circolare del CUP del 2 gennaio 2012

Anna Costagliola

Redazione

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