Se vuoi fare l’arbitro, caro avvocato, non devi essere stato in precedenza consulente

Renato Savoia 30/09/13

A volte leggendo i provvedimenti della Cassazione (nella fattispecie l’ordinanza n. 20379/13, depositata il 5 settembre 2013) ci si stupisce di come vicende che risultano lampanti alla lettura siano potute arrivare sino al terzo grado di giudizio.

E’ il caso dell’avvocato che dapprima svolga in favore di una parte la propria opera come consulente, e che poi dalla stessa parte venga nominato quale componente del collegio arbitrale deputato alla soluzione della controversia insorta.

La Cassazione, confermando la sentenza della Corte d’Appello, ha riconosciuto la responsabilità professionale dell’avvocato in questione, ritenendo viceversa del tutto “artificiosa e irrilevante” la pretesa distinzione tra “responsabilità come avvocato” e “responsabilità come arbitro”.

Neppure è valso come esimente per l’avvocato il fatto che la parte (un ente pubblico, nel caso di specie) fosse a conoscenza dell’attività in suo favore prestata dal legale: infatti, è l’avvocato il soggetto, che, nella sua qualità di professionista è tenuto a informare il proprio cliente delle situazioni di incompatibilità, e non è invece (e giustamente!) il cliente tenuto a conoscere le predette situazioni.

Insomma: attenzione a comportamenti troppo disinvolti, che poi scatta la responsabilità professionale

Renato Savoia

Nato e cresciuto a Verona, vi esercito la professione di avvocato, scappando appena posso ma tornando sempre alla base. Da sempre mi occupo solo di diritto civile (penale vade retro!).
Collaboro con la rivista “Il Civilista” (ed. Giuffrè), per la quale scrivo soprattut…Continua a leggere

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento