Scherzo, litigio, bullismo, reato? Ogni cambiamento parte dal lessico

Susanna Testa 24/02/14
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Gli episodi di violenza tra ragazzi registrati in questi giorni nelle cronache chiedono urgentemente agli adulti, genitori e docenti, di riflettere e interrogarsi per capire se i ragazzi colgono fino in fondo la gravità delle loro azioni.

Il presente articolo è firmato da Susanna Testa, autrice di diversi testi a tema educativo per Maggioli Editore, come “Adolescenza: comportamenti a rischio” e “Scherzo, litigio, bullismo, reato?”

Comportamenti particolarmente odiosi sono classificati come “scherzi”, violenze filmate e caricate in Youtube, perché per esistere, oggi, si ha bisogno di un pubblico che guarda. Ciò che colpisce è che nelle interviste successive sia i ragazzi, autori delle violenze, sia i loro genitori definiscono quegli atti, come scherzi, ragazzate, bravate. La contraddizione profonda tra le dichiarazioni e i comportamenti chiede allora di fare chiarezza a livello lessicale, perché le parole hanno un peso, indicano concetti diversi che stanno alla base delle categorie con cui si organizzano le esperienze. Chiarire il significato delle parole vuol dire rendere esplicito il pensiero che è alla base dell’agire.

Ci si deve, dunque, chiedere cosa differenzia uno scherzo o un litigio dalle azioni che rientrano nel bullismo. Lo scherzo è un evento divertente messo in atto tra persone che non hanno intenzione di ferirsi e che ammette reciprocità; il litigio è un contrasto occasionale che nasce attorno a una questione e che può essere risolto anche aspramente, ma che prevede la possibilità di tornare ad essere amici. Il bullismo è invece una comportamento aggressivo messo in atto in modo intenzionale e sistematico dal bullo su un compagno, sempre lo stesso, che diviene vittima. La vittima non è individuata a caso ma ha delle caratteristiche specifiche: può essere un ragazzo più piccolo, uno straniero, un disabile, un ragazzo con disturbo di identità di genere, un ragazzo timido e introverso, comunque una persona in cui sono evidenti alcuni elementi di fragilità.

La relazione tra bullo e vittima è asimmetrica, non è alla pari: il bullo può essere più grande, più forte fisicamente, può essere spalleggiato da gregari. Bullo e vittima sono protagonisti della scena, ma non sono i soli, accanto a loro in classe, ci sono i compagni, fuori della scuola negli autobus o per strada c’è un pubblico formato da altri ragazzi e da adulti. La reazione dei compagni di classe non è una variabile irrilevante, alcuni ridono della situazione rinforzando le azioni del bullo che continua imperterrito, altri, per paura, prendono le distanze e non riescono ad abbattere il muro dell’omertà, sono pochi gli studenti che si schierano a fianco della vittima.

Le persone regolano il proprio comportamento grazie alla capacità di anticipazione: ossia di prevedere le conseguenze delle proprie azioni. Il rispetto delle norme sociali che regolano la vita della comunità, deriva da imperativi morali interiori, cioè dai non si può, non si deve, che costituiscono il limite oltre il quale appunto non si può andare. Le azioni che danneggiano gli altri sono seguite dal senso di colpa, dalla vergogna e dal rimorso, solo se si prova il senso di colpa si può riparare, solo se si è capaci di mettersi nei panni dell’altro si capisce ciò che l’altro prova, la paura, l’incapacità di reagire perché umiliati, l’impotenza ad agire e la profonda sofferenza. I bulli, però, non sono empatici e neutralizzano la propria coscienza, minimizzano i fatti, attribuiscono ad altri la responsabilità, oppure la suddividono tra i membri del gruppo pensando di renderla meno pesante, e infine possono addossare la colpa alla vittima, tanto da giustificare la propria condotta violenta come difesa alla provocazione messa in atto dalla vittima stessa. Le violenze possono essere di diverso tipo: offese verbali, azioni di danneggiamento fisico, minacce, molestie sessuali, azioni volte a isolare la vittima nell’ambito delle relazioni amicali in classe.

Tra queste azioni, alcune violano specifiche norme giuridiche e rientrano tra i reati. A scuola, non si può agire solo sulla coppia bullo o vittima, ma si deve lavorare sul contesto classe. La sensibilizzazione di tutti i ragazzi nei confronti delle tematiche relative alle violenze, crea le basi per lo sviluppo di una cultura fondata sulla solidarietà e sul rispetto delle diversità, ciò rende più forti i ragazzi fragili che sanno di poter contare sull’aiuto dei compagni, e indebolisce la forza dei prepotenti.

 

Susanna Testa

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