Lo ha detto con parole leggermente diverse, ma con la medesima preoccupazione, anche il Cnr per mezzo dell’Issirfa, l’Istituto di studi sui sistemi regionali federali e sulle autonomie, nel corposo rapporto sulle Regioni per il 2012. Al centro i risultati del 2011, ma con evidenti riflessi anche sugli anni seguenti, con un focus particolare rivolto alla Sanità regionale, che del resto occupa in media l’80% dei bilanci delle Regioni.
Il capitolo su “Sanità e tutela della salute”, realizzato da Stefania Gabriele e Nicola Viceconte, occupa anche per questo non solo idealmente uno spazio fondamentale nel rapporto del Cnr. I tagli di questi anni, che per lo più non sono stati applicati ancora del tutto, non stanno infatti semplicemente sullo sfondo del capitolo sulla sanità: la Corte dei conti li ha individuati in 31 miliardi fino al 2015 e tra spending review con interventi su ospedali, farmaci, beni e servizi, cure territoriali, blocco dei contratti, devono fare ancora del tutto il loro corso. Anche per questo motivo, infatti, costituiscono un’emergenza nell’emergenza dei conti pubblici per il Governo che verrà.
I risultati del 2011 non potevano naturalmente considerare le politiche messe in campo successivamente. I loro possibili effetti, tuttavia, anche perché successivamente rafforzati dal Governo dei professori guidato da Mario Monti, erano già prevedibili.
La spending review non è una novità per la Sanità che in questi ultimi anni l’aveva già sperimentata essendo uno dei settori più tagliati dai governi, Sanità che per la Corte dei conti costituisce “l’esperienza più avanzata e più completa di quello che dovrebbe essere un processo di revisione della spesa”. La realtà dei fatti è che, aggiunge il rapporto Cnr, si è arrivati anche al risultato di comprimere le competenze regionali sulla tutela della salute e di aumentare “drasticamente” il “grado di centralizzazione delle decisioni”.
Sono state fatte scelte in un’ottica centralistica, si evidenzia, non rallentate neppure dalla Corte costituzionale “in nome delle esigenze di contenimento della spesa manifestate, non senza forzature, dalle norme statali di coordinamento della finanza pubblica”.
Tenere i conti in regola può comportare una pericolosa conseguenza, ossia quella che venga meno il diritto alle cure per il cittadino, almeno nelle forme e nelle quantità che ad oggi ci sono note, anche in un Paese che paga un cattivo gap di qualità – quantità dell’assistenza tra Nord e Sud.
“Oggi si prospetta una riduzione delle risorse draconiane – afferma il rapporto – che rischia di rendere improbabili i sentieri di rientro delle Regioni in disavanzo e di porre in seria difficoltà anche gli enti che ritenevano di aver meritato una propria autonomia e di poter procedere nel proprio processo identitario, eventualmente attraverso la fornitura di prestazioni aggiuntive”. Tutto questo, mentre il centralismo statale si rafforza e l’autonomia regionale diventa sempre di più un miraggio con il risultato che i Lea sono a rischio e i bilanci regionali in rosso dappertutto.
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