La domanda viene respinta e l’uomo propone appello, ma anche il Tribunale rigetta la sua domanda, e così si rivolge alla Corte di cassazione.
La Suprema Corte respinge a sua volta il ricorso e chiarisce che:
– il limite di tollerabilità delle immissioni (suoni, fumi, etc.) non è assoluto, ma relativo, e deve essere determinato con riferimento al caso concreto: si deve tenere conto dello stato dei luoghi, delle abitudini della popolazione, e così via;
– nel 1991 un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ha fissato le modalità di rilevamento dei rumori ed i relativi limiti di tollerabilità, stabilendo come misura da non superare per le zone industriali i 3 decibel (db) di differenza rispetto al rumore ambientale nelle ore notturne, e i 5 db di differenza nelle ore diurne; il decreto del 1991 può essere applicato anche ai rapporti tra privati proprietari di fondi vicini;
– nel caso in esame, la consulenza tecnica espletata davanti al Giudice di pace ha rilevato che i rumori della lavatrice, quando è piena e durante la centrifuga, superano i 3,5 di giorno ed i 4,5 decibel di notte, andando, quindi, oltre la normale tollerabilità delle immissioni rumorose;
– d’altro canto, però, l’uomo non ha dimostrato né la frequenza particolarmente intensa dei lavaggi effettuati dal vicino, né che gli stessi si concentrano nell’orario notturno, di conseguenza, il Giudice ha ritenuto che un rumore superiore di 3,5 al rumore di fondo, prolungato per 5-10 minuti al giorno, in orari non destinati al riposo, è normalmente tollerabile.
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