Proprio nell’anno in cui il governo italiano ha infatti annunciato una nuova riforma delle pensioni, invocata da anni dopo il ciclone Fornero che nel 2012 ha destabilizzato l’intera popolazione in età lavorativa, il timore è che tutto possa saltare a causa del sempre più probabile default greco.
Domenica, infatti, se nella consultazione referendaria dovessero vincere i “no”, il popolo greco deciderà di tagliare definitivamente il cordone che lo lega sempre più faticosamente a Bruxelles, con ricadute inimmaginabili sugli altri Paesi della moneta unica.
Naturalmente, l’Italia è tra gli osservati speciali non solo per i suoi interscambi con l’economia ellenica, ma soprattutto per le numerose procedure di infrazione che l’hanno vista oggetto negli ultimi anni, tali da rendere la situazione, in certe parentesi, davvero emergenziale.
Oggi, a sentire il premier Renzi, intervistato dal “Sole 24 Ore”, il sistema economico italiano non è più a rischio grazie ai sacrifici svolti negli anni scorsi e che, ancora nel presente, pesano sulle spalle dei contribuenti.
Naturalmente, però, qualora la Grecia dovesse staccarsi da Bruxelles, è difficile non immaginare ricadute sugli Stati e soprattutto le economie limitrofe. In particolare, è l’aspetto delle pensioni a essere tirato in ballo, con evidenti pericoli sulla realizzazione di una riforma anche in Italia.
Tra i punti del piano Juncker di salvataggio della Grecia, che domenica saranno sottoposti alla volontà popolare, figura, infatti, la ridefinizione di un nuovo piano sul ritiro al lavoro che Alexis Tsipras, il giovane premier di Syriza, dovrebbe decidersi a varare.
Come noto, infatti, una delle ragioni del baratro che ha portato al rischio default in Grecia, è l’elevatissima spesa sociale e previdenziale, con pensionamenti specie nel pubblico impiego anche di poco sopra i 50 anni. Per questo, il timore dei contribuenti italiani è che, se davvero si cercherà di introdurre una contro riforma Fornero dopo il possibile distacco della Grecia, questa potrebbe trovare un brusco stop dalle istituzioni europee.
Per il momento, non resta che attendere la decisione del popolo greco, chiamato a decidere, come abbiamo visto, su questioni che travalicano e non di poco i confini nazionali. Nel frattempo, in Italia sulle pensioni si continua a lavorare lontano dai riflettori. Se i ministri Padoan e Poletti hanno già dato il benestare all’introduzione di qualche meccanismo in grado di ridurre i requisiti minimi per l’addio alla scrivania, resta da capire se Bruxelles allenterà le maglie dei vincoli di bilancio. Abbiamo visto nei mesi scorsi come la sola operazione dei rimborsi sulle indicizzazioni mai riconosciute, avrebbero rischiato di portare i conti italiani oltre la fatidica soglia del 3%.
Uno dei maggiori esponenti del Pd e della sfera pensioni è certamente Cesare Damiano, il quale, sottotraccia ha presentato in questi giorni una nuova proposta a suo nome, che prevede un’uscita flessibile con 41 anni senza alcun tipo di penalizzazione sull’assegno. Un’idea che potrebbe trovare spazio nella riforma del prossimo autunno, sempre che, però, l’euro non entri in crisi definitivamente, mettenod a repentaglio anche i timidi tentativi di riforma nelle economie e nei sistemi di welfare nazionali.
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