Redditometro: si salvano i beni aziendali miracolosamente esclusi

Redazione 10/01/13
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Alle 100 voci di spesa del redditometro non sfugge praticamente nulla, fanno eccezione però le spese per i beni impiegati esclusivamente nell’attività d’impresa o in quella professionale, per quelle “promiscue” , invece, sarà necessario effettuare un adeguamento  in relazione al reddito dichiarato. Il redditometro, inoltre, impiegato nei riguardi di imprenditori e autonomi inibisce futuri accertamenti presuntivi, come ad esempio, gli studi di settore.

Sono questi alcuni temi che necessariamente devono essere valutati con attenzione all’applicazione del redditometro nei riguardi di chi esercita una attività di impresa o di lavoro autonomo. Il primo punto da cui cominciare è la previsione dell’articolo 2 del decreto attuativo del redditometro (Dm 24 dicembre 2012), in base al quale è stato deciso  che “non si considerano sostenute dalla persona fisica le spese per i beni e servi se gli stessi sono relativi esclusivamente ed effettivamente all’attività d’impresa o all’esercizio di arti e professioni, sempre che tale circostanza risulti da idonea documentazione”.

Risulta evidente che la previsione appare più stringente rispetto a quella del redditometro precedente (articolo 3 del Dm 10 settembre 1992) in base alla quale era possibile dimostrare che un bene fosse “utilizzato nell’esercizio di impresa, arti e professioni e tale circostanza risulti da idonea giustificazione”. Adesso, si tratta di spese concernenti beniesclusivamente ed effettivamente” utilizzati nell’attività; da un punto di vista sostanziale, ad ogni modo , non dovrebbe cambiare niente, dal momento che se un certo macchinario, ad esempio, risulta strumentale all’attività di impresa, non si potrà mettere in discussione che esso rilevi anche ai fini del redditometro.

Un tasto delicato è rappresentato dai beni cosiddetti “promiscui” come le auto, che in un primo tempo verranno “catturate” dai conteggi del redditometro fatti dall’Agenzia. In queste circostanze, sarà necessario personalizzare i relativi dati, tanto l’investimento quanto i consumi, e tenere presente le predeterminazioni legali forfetarie dell’inerenza nell’attività prefissate dalla legge (art. 164 del Tuir; 40% ora 20%). Sarà difficile che gli uffici accettino di valutare percentuali più elevate per un uso più intenso del bene nell’attività, in quanto si tratta di percentuali decise ex lege.

Gli imprenditori e gli autonomi dovranno prestare particolare attenzione al fatto che il reddito dichiarato non prospetta la reale capacità di spesa di questi soggetti ai fini del redditometro. Il reddito d’impresa, per citarne uno, rileva per competenza, non per cassa come la maggior parte delle spese rilevanti ai fini del redditometro, e si basa su una numerosa serie di cosiddetti “estrogeni tributari”.  Risulta palese che sarà necessario adeguare il reddito dichiarato a quello realmente spendibile, per poi confrontare quest’ultimo con le spese sostenute (circolare Entrate n. 25/E/2012, risposta 8.1).

Gli imprenditori, così come anche gli esercenti di un’arte e una professione, dovranno definire la loro posizione riguardo al reddito d’impresa e a quello di lavoro autonomo; il redditometro, infatti, rileva il reddito complessivo presunti, quindi non sarà possibile che sia fatta la rettifica per il tramite di un accertamento parziale (articolo 41 – bis Dpr 600/1973), che permette liberamente di effettuare ulteriori rettifiche. Ciò vuol dire che , dopo avere effettuato l’accertamento da redditometro, l’Agenzia potrà fare nuovi accertamenti sulla posizione da imprenditore o di professionista solo per fatti assolutamente nuovi, che non poteva conoscere al momento dell’accertamento.

L’Agenzia non potrà più fare  nemmeno accertamenti da studi di settore, da indagini finanziarie mentre, certamente, potrà eseguire accertamenti Iva ed Irap.

Redazione

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