Prime riflessioni sull’audizione dei minori nei procedimenti giudiziari

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Iniziamo oggi una serie di articoli riguardanti l’audizione dei minori nei procedimenti giudiziari, un tema di grande attualità e delicatezza, rispetto al quale da più parti è sentita l’esigenza di un approfondimento ed una riflessione, al fine di definire alcune regole o addirittura un «protocollo», come ha fatto il centro studi del Tribunale di Varese, da seguire nei casi in cui un minore viene in contatto con un processo e le sue dichiarazioni possano essere utilizzate per le decisioni del Magistrato.

I giudici, infatti, ricorrono sempre più spesso all’audizione dei minori e, sempre più spesso, effettuano valutazioni molto discrezionali. A volte, come ho avuto occasione di sottolineare nel mio libro, non fanno le domande che le parti si aspettano siano fatte, a volte non seguono, nel decidere, le indicazioni date chiaramente dai minori, che del resto non sono certo vincolanti, altre volte ancora non sembra salvaguardato interamente il diritto di difesa, come quando l’esame avviene a porte chiuse e subito dopo il giudice si riserva di decidere senza dare ai difensori e alle parti la facoltà di fare alcuna osservazione circa quanto emerge dai verbali dell’esame.

Ad ogni modo, l’ascolto del minore riguarda, da vicino, sia il campo della psicologia, quale esigenza profonda del bambino, sia il campo del diritto, quale manifestazione di opinioni e di emozioni. Nell’ampio campo giuridico, il termine ‘’ascolto’’ risulta essere decisamente nuovo essendovi entrato a pieno titolo solo in forza del diritto internazionale.

La Convenzione di Strasburgo del 1996 prevede, infatti, un vero e proprio ‘’ascolto informato’’ del minore, quale esercizio dei diritti del fanciullo. Secondo le disposizioni internazionali ‘’deve tenersi conto dell’opinione espressa dai minori, previa informazione a costoro delle istanze dei genitori nei loro riguardi; i figli devono essere consultati personalmente sulle eventuali statuizioni da emettere, salvo che l’ascolto o l’audizione siano dannosi per gli interessi superiori dei minori stessi’’.

A tali disposizioni, segue la normativa interna, con legge del 2006 n. 54, ‘’legge sull’affido condiviso’’, che accoglie le disposizioni internazionali con l’introduzione dell’art. 155 sexies c.c. Quest’ultimo ha di fatto elevato a ‘’regola’’ l’audizione del minore nei procedimenti di separazione di tipo contenzioso, restando salva la tutela di un superiore interesse del minore. A ben vedere, l’ordinamento interno, così come l’ordinamento internazionale, non solo esige l’ascolto, ma considererebbe ‘’fondamentale’’ la volontà del minore. L’audizione diviene, dunque, un momento saliente del processo.

Di recente, la Suprema Corte di Cassazione, Sez. Unite, sentenza 21 ottobre 2009 n. 22238, si è allineata alle disposizioni sopra descritte affermando che: ‘’sia in relazione all’art. 6 della Convenzione di Strasburgo, sia in relazione all’art. 155 sexies c.c. si deve ritenere necessaria, e quindi ‘obbligatoria’, l’audizione del minore del cui affidamento deve disporsi, salvo che tale ascolto possa essere in contrasto con gli interessi fondamentali della prole; il giudice, a dire della Corte, è, inoltre, tenuto a motivare l’eventuale assenza di discernimento dei minori che possa giustificare l’omesso ascolto, in violazione dell’art. 155 sexies c.c.’’. Le Sezioni Unite, così, introducono uno specifico onere motivazionale per il giudice, nel caso in cui il medesimo decida di non provvedere all’audizione del minore.

Il mancato ascolto dei minori, secondo le argomentazioni della giurisprudenza, potrebbe divenire potenziale ‘’oggetto di causa’’, comportando, estensivamente, la violazione ‘’del giusto processo’’ e ‘’del contraddittorio’’.

Il mutato quadro, normativo (l. n. 54/2006) e giurisprudenziale (SS.UU. n. 22238/2009), delinea un nuovo ‘’diritto vivente’’, che ‘’promette’’ di vedere incrementato il numero dei procedimenti civili in cui il giudice sarà obbligato a disporre l’audizione del minore.

Purtroppo, ad oggi, mancherebbero anche regole ‘’vincolanti’’ sulle modalità di ascolto. Da qui l’esigenza di predisporre ‘’un protocollo condiviso’’ con la precisa funzione di disciplinare l’audizione dei minori nelle sue peculiari modalità al fine di garantire massima tutela e protezione. L’impatto processuale sulla fragile integrità psico-fisica del minore può rivelarsi pericoloso.

A questo punto ci si chiede, qual’è il valore giuridico da attribuire al ‘’protocollo condiviso’’? Ed ancora, può ipotizzarsi un’attività di coordinamento tra giudici?

Nella prossima analisi proveremo a esprimere una riflessione in merito.

Tiziano Solignani

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