Il Governo, hanno spiegato i tecnici dell’Esecutivo, è al lavoro anche sull’uscita anticipata dal lavoro delle donne, a partire dal 2016, a 62-63 anni di età e con 35 di contributi. Si tratta di una nuova Opzione donna che, al posto del ricalcolo contributivo, implicherebbe una riduzione dell’assegno correlata alla speranza di vita e pari al 10% circa per tre anni di anticipo rispetto all’età di vecchiaia.
E’ arrivata dallo stesso premier, Matteo Renzi, la spinta che riapre il capitolo pensioni, quando nei giorni scorsi ha chiesto ai ministri Padoan e Poletti di trovare un meccanismo volto a consentire più flessibilità in uscita, con la speranza di «trovare un primo rimedio già con la Stabilità». L’ipotesi della libera uscita anticipata dal lavoro, dietro una contrazione dell’assegno pensionistico, porta però a due problematiche: quella legata alle risorse (l’opzione minima vale un miliardo) e quella relativa all’Europa e ai rapporti con Bruxelles. «I principi fondamentali del sistema pensionistico italiano, che è molto stabile e solido, devono essere preservati», sono state, al riguardo, le parole di riserbo del ministro Padoan che ha aggiunto: «Non c’è nulla di male a esaminare possibili correttivi che riguardano individui che si trovano vicini alla pensione ma con una prospettiva occupazionale difficile. Va, però considerato naturalmente che questo ha un costo e l’equilibrio di finanza pubblica deve essere mantenuto».
Più certo invece un eventuale intervento sulla questione esodati: «Vedremo nella legge di Stabilità cosa si può fare», ha ribadito il responsabile dell’Economia. Sono in molti, infatti, a partire già da alcuni collaboratori del premier a Palazzo Chigi, a nutrire dubbi circa l’effettiva fattibilità dell’intervento sulla flessibilità in uscita. Polemiche sono arrivate anche dal segretario nazionale della Cgil, Susanna Camusso, che ha accusato il Governo, «più che decidere sulle pensioni» di stare rimpallando la questione da un ministro all’altro. «Se il tema è il rapporto con l’Europa – ha detto Camusso- lo liquido con una battuta: se si può contrastare l’Europa sul taglio della tassa sulla casa non vedo perché non sulle pensioni».
Sul tavolo ci sono un paio di ipotesi. In primis, la possibilità, firmata da Damiano e Baretta, di anticipare la pensione fino a 62 anni dietro una penalizzazione del 2% annuo. Sono i costi tuttavia, stimati intorno ai 4 miliardi, a sollevare incertezze. Torna infatti ad affacciarsi anche il borsino della proposta-Boeri che consisterebbe in un calcolo interamente contributivo dell’assegno. Con questa ipotesi, tuttavia, nonostante non comporti costi per lo Stato, si arriverebbe fino al 30% di riduzioni dei trattamenti. Una strada mediana potrebbe vedere salire la percentuale di penalizzazione dal 2% della prima proposta al 3-4% annuo, per un massimo compreso tra il 12 e il 15%.
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