Pensione, come si calcola l’assegno con il sistema misto e quello contributivo

Giorgio Rossi 02/05/18
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I lavoratori che si avvicinano all’età pensionabile devono avere presente alcune coordinate di base sulla determinazione della misura dell’assegno pensionistico. A seguito della Legge Fornero che ha esteso il sistema di calcolo contributivo anche con riferimento agli assicurati con almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 occorre attualmente distinguere due tipologie di sistemi di calcolo: quello misto e quello contributivo.

Il sistema contributivo

Il sistema contributivo si applica a coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995 e, quindi, hanno un assegno interamente determinato con queste regole. Sono i lavoratori di regola più giovani.

Il sistema misto

Il sistema misto a sua volta si distingue a seconda se l’assicurato ha almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 oppure inferiore a tale valore: per i primi l’assegno è determinato con il sistema retributivo sino al 31 dicembre 2011 mentre la quota contributiva si applica dal 2012 in poi;  per i secondi la quota contributiva decorre dal 1° gennaio 1996 sino al pensionamento.

Caratteristica del sistema misto è che la quota di pensione determinata sulle anzianità accreditate sino al 2011 o sino al 1995 a seconda dei casi è ancorata alla media delle retribuzioni degli ultimi anni lavorativi (di regola dai cinque ai quindici anni prima della data di cessazione) che di norma sono superiori rispetto a quelle percepite a inizio carriera.

Tali retribuzioni devono essere rivalutate per determinati coefficienti di rivalutazione agganciati all’andamento dell’inflazione. I coefficienti di rivalutazione sono comunicati annualmente dall’Istat e vanno individuati con riferimento all’anno del collocamento a riposo.

La media delle retribuzioni così individuate costituisce il punto di partenza del calcolo della pensione che viene effettuato sulla base di rendimenti calcolati in funzione dell’anzianità posseduta dall’assicurato al 31 dicembre 2011 o al 31 dicembre 1995 a seconda rispettivamente se risulta in possesso di almeno o meno di 18 anni di contributi al 1995.

Nello specifico la media delle retribuzioni rivalutate viene moltiplicata per un‘aliquota di rendimento pari al 2% per ogni anno di anzianità contributiva restituendo, pertanto, il valore della quota di pensione retributiva messa in pagamento dall’Inps.

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Confronto tra i 2 sistemi di calcolo

Il sistema di calcolo retributivo prevede, poi, un abbattimento del rendimento annuo (al di sotto cioè del 2%) se la retribuzione media rivalutata risulti superiore ad un determinato valore (che nel 2018 è pari a 46.630 euro). Questo meccanismo abbatte il rendimento di coloro che vantano una retribuzione molto elevata.

I lavoratori nel sistema misto avranno poi una quota contributiva (quota C) riferita alla anzianità maturate dopo il 31 dicembre 2011 o dopo il 31 dicembre 1996 a seconda dei casi. Per chi è entrato nel mondo del lavoro, invece, dopo il 31 dicembre 1995 la pensione sarà calcolata interamente con il sistema contributivo.

Il sistema contributivo è costruito sulla base dei contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro durante la vita lavorativa. L’importo di tali contributi (pari al 33% per i lavoratori dipendenti) costituisce il montante che annualmente viene rivalutato sulla base della variazione quinquennale dell’indice Pil calcolato dall’Istat.

A fine carriera le somme accantonate e rivalutate diventeranno quota di pensione sulla base di coefficienti di trasformazione legati all’età posseduta dal lavoratore al momento in cui smetterà di lavorare. Dato che questi coefficienti sono tanto più elevati quanto maggiore è l’età al pensionamento la rendita previdenziale, nel sistema contributivo, è così direttamente legata all’età del lavoratore.

La Riforma del 1995 ha cioè voluto ancorare la misura dell’assegno alla durata potenziale della pensione, ossia alla speranza di vita dell’assicurato: quanto maggiore è la durata dell’assegno e, quindi, quanto prima si accede alla pensione, tanto minore sarà il suo importo.

Per tale ragione in occasione della revisione della speranza di vita (la prossima decorrerà dal 1° gennaio 2019) i coefficienti di trasformazione saranno rivisti al ribasso. Pertanto se l’aspettativa di vita dovesse aumentare, minore sarà la quota contributiva che sarà attribuita al lavoratore prossimo alla pensione.

Come si intuisce i due sistemi di calcolo producono effetti diversi a seconda della carriera del lavoratore. Il sistema retributivo premia in particolare coloro che hanno raggiunto alte retribuzioni alla fine della carriera e prescinde dall’età anagrafica di uscita.

Il sistema contributivo premia invece coloro che hanno avuto stipendi costanti nel corso del tempo e/o escono ad età anagrafiche elevate. Di contro il contributivo penalizza fortemente i lavoratori discontinui e precari che nel retributivo potevano sperare di rimpinguare l’assegno con incrementi retributivi concentrati alla fine della carriera lavorativa.

Per questo motivo il sistema contributivo necessita oggi più che mai di un intervento di manutenzione.

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