E’ quanto affermato dal Tribunale di Milano, che ha così respinto il ricorso di un’impresa che aveva installato dei software presso la Regione Lombardia sulla base di un verbale di accettazione siglato da un funzionario ma senza una delibera ufficiale.
La società lamentava che le prestazioni effettuate fossero sì state eseguite in assenza di una “formale delibera da parte dell’Ente”, ma ciò nonostante “l’Ente comunque, seguiva passo passo lo sviluppo del progetto ed accettava i vari verbali che descrivevano i lavori eseguiti”. Questo comportamento, per i legali della società, “in base al meccanismo del c.d. silenzio – assenso confermava il debito fuori bilancio contratto nei confronti della S. dell’importo di Euro 198.546,00 oltre interessi di mora”.
La Regione Lombardia, dal canto suo, contestava la non applicabilità dell’istituto del silenzio – assenso per operatività dell’art. 20 della l. n. 241/90 e l’assenza di una delibera a conclusione di un procedimento in cui era richiesta una “una fase preliminare, caratterizzata dalla formazione della volontà della p.A. che resta sul piano del diritto amministrativo ed è disciplinata dalle regole c.d. dell’evidenza pubblica poste dalla legge da un regolamento nonché da atti generali della stessa amministrazione”. Nonché l’irrilevanza di atti preparatori interni a firma del dipendente “in assenza di una estrinsecazione della volontà negoziale della Regione Lombardia riconducibile agli organi rappresentativi”.
I giudici hanno ritenuto illegittima l’azione di indebito arricchimento proposta dall’azienda anche perché il silenzio assenso della p.a. e’ insufficiente a decretare l’utilità dell’installazione.
Sul punto il Tribunale di Milano ha chiarito che in tema di azione d’indebito arricchimento nei confronti della P.A., conseguente all’assenza di un valido contratto, l’azione x art. 2041 c.c. richiede per la sua proponibilità ulteriori condizioni rispetto alla previsione codicistica, poiché presuppone oltre al fatto materiale dell’esecuzione di una prestazione economicamente vantaggiosa per l’ente pubblico, il riconoscimento dell’utilità della stessa da parte dell’ente. Tale riconoscimento non può ritenersi raggiunto nelle forme del silenzio assenso, in quanto l’apprezzamento dell’utilità dell’opera o della prestazione da parte degli organi rappresentativi dell’ente pubblico e/o deputati a deliberare la spesa, postula necessariamente un atto di riconoscimento formale assunto all’esito uno specifico iter procedimentale che tuteli il carattere pubblico degli interessi perseguiti dall’Amministrazione.
Pertanto, per i giudici lombardi, “in assenza di elementi che consentano di ritenere accertato che fra le parti è intervenuto un rapporto obbligatorio per la fornitura dei servizi di cui (…) con riconoscimento da parte degli organi rappresentativi e deliberativi della Regione Lombardia dell’utilità delle relative prestazione, la domanda ex art. 2041 c.c. formulata dalla società attrice deve essere rigettata”.
Qui il testo integrale della sentenza del Tribunale di Milano
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