La riforma Madia del procedimento amministrativo
La legge n. 124/2015 si pone nel solco di una decisa accelerazione delle riforme, con l’intenzione in particolare di operare uno svecchiamento della pubblica amministrazione.Diverse le metodologie usate e le sfaccettature della riforma, stante l’eterogeneità delle materie trattate. Sono tanti gli spunti che la legge n. 124/2015 vuole offrire, alcuni appena accennati, altri più immediati: ed infatti, accanto a disposizioni precettive, leggiamo espressioni e intenzioni (digital first) che attendono una reale declinazione sostanziale nei prossimi mesi. Si intravede, al fine, un disegno compiuto, da leggersi peraltro in modo coordinato con le altre riforme in itinere, che comunque mira alla profonda revisione della macchina organizzativa pubblica.Tra gli interventi di maggiore impatto, vi è certamente quello sulla disciplina dell’azione amministrativa. I primi sette articoli della norma contengono infatti modifiche particolarmente incisive della legge sul procedimento amministrativo (legge 241/90), con l’immediata e operante rivisitazione dell’autotutela e l’introduzione del nuovo silenzio assenso tra le PA, e con alcuni istituti affidati invece alla normativa delegata, tra cui spiccano la conferenza di servizi, l’accesso ai documenti amministrativi e la riscrittura della disciplina del termine.Questo testo si offre pertanto di fornire una lettura ragionata delle nuove norme, in chiave tuttavia coordinata con il contesto trattato, collegando cioè l’analisi delle nuove disposizioni alla indispensabile disamina degli istituti del procedimento amministrativo su cui va a intervenire, così come risultanti dalla incessante elaborazione giurisprudenziale di questo quarto di secolo trascorso dalla emanazione della legge 241/1990.L’intento degli Autori è dunque quello di analizzare la nuova disciplina dell’azione amministrativa offrendo una chiave di lettura critica di quello che sarà il volto della pubblica amministrazione per effetto delle nuove regole. Tiziano Tessaro Magistrato della Corte dei Conti. Direttore della rivista on-line www.lagazzettadeglientilocali.it e del bimestrale Comuni d’Italia, entrambi Maggioli Editore.Stefania Piovesan Avvocato Cassazionista specializzato in diritto amministrativo.
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Saranno coinvolti in tale manovra ministeri, Comuni, Regioni ma anche enti come l’Inps, centri di tecnologia e centri di Astrofisica e Fisica Nucleare. Un taglio che riscalda gli animi e apre la polemica. Elio Catania, presidente di Confindustria digitale, ha commentato la notizia così: “Non sembra possa essere lo stesso Governo che nei mesi scorsi ha promosso il piano Crescita Digitale e la Strategia per la Banda ultra larga e ora ordina alle Pubbliche amministrazioni di tagliare del 50% la spesa in tecnologie informatiche”. Aggiunge inoltre: “E’ una visione incomprensibile, primo perché è in contrasto con le politiche di crescita e sviluppo dell’occupazione, di cui il digitale è il motore principale, e in aperta contraddizione con gli impegni sull’innovazione sin qui presi dal Governo, secondo perché significa tagliare proprio lo strumento principale per operare una spending review strutturale».
Insomma, da un lato, grandi idee su una pubblica amministrazione digitalizzata, dall’altro dirigenti statali che temono di poter essere richiamati per danno erariale se non si preoccuperanno di spendere la metà di quel che hanno speso fino ad ora per una connessione internet e un ammodernamento del loro parco macchine (non certo molto recenti). Peraltro non si può nemmeno quantificare il valore del risparmio che si conta di ottenere poiché come afferma l’ex commissario della spending review, Carlo Cottarelli, nessuno sa quanto si spende di preciso.
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