Dunque merito del Pontefice è quello di aver riformato le procedure stabilite fino ad ora dal Codice di Diritto Canonico, concentrando l’attenzione sulla funzione giurisdizionale del vescovo che mediante “il processo più breve” potrà sentenziare direttamente la nullità nei casi più semplici e lampanti. Contro le sue decisioni ci si potrà appellare all’arcivescovo metropolita più vicino o alla Rota Romana. Con la riforma, anche quando il vescovo opta per un processo ordinario, quest’ultimo dovrà celebrarsi entro al massimo un anno e, qualora non dovesse esserci appello o le motivazioni dell’appello dovessero essere infondate in maniera evidente, la sentenza sarà esecutiva. Non ci sarà più bisogno quindi di due sentenze conformi, un’esigenza questa responsabile di aver protratto considerevolmente i tempi.
Nei processi di nullità matrimoniale, inoltre, si legge ancora nella lettera papale, verrà assicurata “per quanto possibile” e “salva la giusta e dignitosa retribuzione degli operai dei tribunali” la gratuità. La richiesta della gratuità nelle nullità matrimoniali solleva tuttavia le proteste degli avvocati rotali. L’avvocato rotale Elisabetta Macrina non nasconde il dissenso anche tra i colleghi riuniti a Gaeta al Convegno nazionale dell’Associazione Canonistica. “Il Tribunale ecclesiastico -dice- solitamente chiede un contributo che si aggira intorno agli 800 euro. In secondo grado le spese salgono intorno ai 1.200 euro. Somma che aumenta ulteriormente quando il giudizio arriva alla ex Sacra Rota”. Gli effetti della riforma delle nullità matrimoniali risponderebbero alle attese dei divorziati risposati che chiedono di tornare a ricevere l’Eucaristia. La riforma, in tal senso, considera anche il motivo principale per il quale è richiesta la nullità matrimoniale, e cioè il desiderio di completare una nuova unione stabile tornando a vivere i sacramenti.
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