No immersioni? Danno da vacanza rovinata

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Un uomo decide di comprare un pacchetto turistico in una società di organizzazione viaggi con l’intento di effettuare, presso l’isola selezionata per la vacanza, delle immersioni subacquee in mare. Come espressamente dichiarato all’agenzia di viaggi, l’attività di immersione costituisce per l’uomo motivo determinante per la conclusione del contratto.

Nonostante ciò, una volta giunto nell’isola, il desiderio si rivela per il consumatore impossibile da realizzare: in quei luoghi, infatti, l’attività subacquea risulta essere vietata. Decide, così, di evocare in giudizio la società di viaggi. Il giudice di primo grado accoglie la domanda limitatamente alla richiesta di risarcimento del danno morale, rigettando ogni altra istanza di contenuto economico. A seguire, il Tribunale investito del gravame principale, proposto dall’uomo, e da quello incidentale, proposto dalla società di viaggi, assolve quest’ultima da ogni pretesa risarcitoria.

La sentenza viene così impugnata con ricorso in Cassazione. La terza sezione civile della Corte, con sentenza n.4372/2012, accoglie il ricorso e precisa che l’omissione di informazioni rilevanti (nella specie il divieto di effettuare immersioni) costituisce “violazione di natura contrattuale”.

Ebbene, la causa è elemento essenziale del contratto, ex art. 1325, nr. 2 c.c.: essa risulta essere ‘’il perchè del contratto, ossia l’elemento essenziale che giustifica ogni spostamento di ricchezza all’interno della singola operazione negoziale’’. In tal senso, la causa assume le vesti di mero strumento di verifica che lo stesso ordinamento mette a disposizione del giudice per controllare che il singolo contratto sia meritevole di tutela, ex art. 1322.2 c.c.. La recente teoria “della funzione economico-individuale” o “causa in concreto” sostiene espressamente che la causa del contratto sia la “sintesi degli interessi reali” che il contratto stesso è diretto a realizzare. Specificatamente, tale teoria fa riferimento “alla concreta composizione di contrapposti interessi“, che mediante il congegno contrattuale vengono contemporaneamente soddisfatti. La causa viene analizzata “caso per caso”, non potendosi individuare a priori, in maniera secca, ma mediante il singolo e specifico contratto.

Nel contratto di viaggio vacanza “tutto compreso” (cd “pacchetto turistico” o “package”), disciplinato attualmente dagli artt. 82 et ss., d.lgs. nr. 206/2005 (cd. codice del consumo), la “finalità turistica” connota la sua causa concreta ed assume rilievo, oltre che come elemento di qualificazione, anche relativamente alla sorte del contratto, con la conseguenza che l’impossibilità della prestazione da parte del consumatore-creditore, per causa a lui non imputabile, è da considerarsi causa di estinzione dell’obbligazione.

A fronte di tale situazione, “la Corte di Cassazione nel corso degli ultimi anni ha cominciato a mantenere l’idea di dovere giungere ad applicare i dettami della giovane teoria della funzione economico-individuale“. Nella prassi diviene essenziale la gestione della vicenda contrattuale: eventuali fattori sopravvenuti, idonei ad incidere sulla concreta funzionalità del rapporto (interesse del creditore compreso), finiscono per essere qualificati quali fattori patologici sopravvenuti dell’elemento causale del contratto, idonei, quindi, a condurre all’estinzione del medesimo vincolo negoziale.

Con la sentenza n. 4372 del 20 marzo 2012 la Cassazione riafferma che la causa va intesa come “funzione economico-individuale” del singolo, specifico negozio (sia sotto il profilo genetico che funzionale). L’obiettivazione di un motivo, di cui la controparte sia resa espressamente partecipe, è destinata ad integrare l’elemento causale della convenzione negoziale nella misura in cui esso risulta determinante nella formazione del consenso. La prassi rivolge, quindi, l’attenzione agli interessi reali che il contratto, di volta in volta, è diretto a realizzare a prescindere dal singolo stereotipo contrattuale astratto (Corte di Cassazione, sentenza nr. 10490/2006). Nel caso di specie, il ricorso, dell’uomo, viene pertanto accolto dalla Suprema Corte con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza. Il procedimento viene, così, rinviato al Tribunale, in altra composizione, che provvederà alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Insomma, la teoria, in quaestio, brilla per la sua capacità di guardare sempre all’interesse concreto che il contratto realizza ed è proprio nella materia in oggetto che più agevolmente si riesce a scorgere la distinzione fra il “tipo” contrattuale astratto e la “ragione pratica” del contratto, finalità turistica.

Ma ci si domanda: la nuova visione, di rivalutazione della funzione concretamente svolta dal contratto, potrebbe nella prassi risultare “troppo ampia”? O meglio, potrebbe sorgere il rischio di valorizzare “un pò troppo” le finalità, dalle quali può desumersi l’utilità della prestazione e il suo valore d’uso? Volendo dare una risposta affermativa a tali quesiti: la causa finirebbe per coincidere coi motivi della concreta volizione, rendendo del tutto relativa una realtà contrattuale che invece ‘‘preserva il suo valore solo se dotata della massima invariabilità e certezza strutturale”.

I dubbi interpretativi permangono…

Giovanna Cuccui

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