Alle 21.50 di ieri sera, i giudici della Corte d’Appello di Perugia hanno pronunciato la sentenza nei confronti degli imputati di uno dei casi di cronaca nera più dibattuti degli ultimi anni, con perizie a non finire, tribune televisive e sentenze annullate. La condanna, questa volta, per i due imputati, è stata durissima: 28 anni e sei mesi per Amanda Knox e 25 a Raffaele Sollecito, per il quale è stato anche disposto il divieto di espatrio.
La sentenza arriva a cinque anni di distanza dalla condanna di primo grado del Tribunale umbro, datata 2009. Nel mezzo, un’assoluzione in appello nell’ottobre 2001 e il rinvio con annullamento della Cassazione del marzo 2013.
Ora, dunque, si attende l’ultima e definitiva pronuncia della Cassazione, che metterà il sigillo finale a questa vicenda giudiziaria e mediatica, trascinatasi quasi per un decennio tra le aule di giustizia e le colonne dei giornali.
Dall’altra parte del mondo, intanto, Amanda Knox fa sapere di essere “spaventata e rattristata da questa sentenza ingiusta”. Attualmente, la condannata si trova negli Usa, a casa della madre, Edda Mellas, che si è così espressa sulla sentenza di Appello di ieri sera: “Amanda è sconvolta. Tutti noi siamo sconvolti e scioccati, ma siamo anche pronti a combattere. Tutti in famiglia, anche nella nostra famiglia allargata, siamo pronti a continuare a lottare per la verità e per la sua libertà, e nessuno di noi ha intenzione di mollare”.
Gli avvocati di Amanda Knox hanno fatto sapere che presenteranno ricorso contro la decisione della Corte di Appello di Perugia, così come Giulia Buongiorno, difensore di Sollecito, che ha definito la condanna “vuota di prove e di indizi”.
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