La scelta drastica del ministro Angelino Alfano deriva dall’impasse istituzionale che si è venuto a creare in quel di Bologna, dove una guerra di atti amministrativi tra prefetto e sindaco Virginio Merola sta continuando a tenere banco da alcune settimane.
In particolare, era stato il primo cittadino a dare il proprio assenso per la registrazione delle unioni omosessuali celebrate in Paesi esteri dove la pratica è diventata legge, come, ad esempio, lo stato di New York negli Usa.
Attraverso una specifica direttiva, infatti, il sindaco felsineo forniva una base amministrativa al riconoscimento dei matrimoni tra omosessuali nel territorio emiliano, aprendo però uno scontro istituzionale con il prefetto locale Ennio Mario Sodano che per tutta risposta intimava a Merola di annullare l’adozione del provvedimento in questione.
Una posizione che il sindaco si è rifiutato di assumere, provocando l’intervento diretto del Viminale, con un’apposita circolare pubblicata il 7 ottobre 2014, che vieta ai prefetti di autorizzare le trascrizioni dei matrimoni gay celebrati oltre confine.
Insieme a Virginio Merola, si sono schierati altri sindaci di importanti città del Paese, come Milano, Roma, Napoli e Udine. Così, nonostante la reprimenda degli Interni, il sindaco bolognese ha replicato ad Alfano: “Non obbedisco. Nessun motivo di ordine pubblico impedisce la trascrizione. Se vogliono annullare gli atti delle trascrizioni dei matrimoni contratti all’estero lo facciano, ma non nel nome di Bologna, che come sindaco rappresento”.
Dopo le esternazioni di Merola, altri amministratori, locali o regionali, hanno preso le distanze dal documento inviato dal Ministero degli Interni a tutti gli uffici governativi dislocati sul territorio nazionale. Addirittura, c’è chi minaccia un ricorso nelle sedi di giustizia amministrativa contro la circolare incriminata di Alfano. Insomma, la lotta per il riconoscimento delle unioni gay è appena all’inizio.
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