Matrimoni e adozioni gay: la Consulta bacchetta il Parlamento italiano

Letizia Pieri 15/04/13
Nel giorno in cui la Francia approva i matrimoni e le adozioni da parte dei gay, al Parlamento nostrano giunge una tirata di orecchie direttamente dalla Corte Costituzionale. Franco Gallo, il presidente della Consulta, ha infatti rammentato che in base ad una sentenza del 2010 due individui “dello stesso sesso hanno il diritto fondamentale ad ottenere il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri” della rispettiva stabile unione. Il tenore nitido delle parole, contenute nella relazione letta ieri mattina dinanzi le più alte cariche dello Stato, illustra chiaramente l’attività del 2012.

Qualora “la Corte -ha sottolineato Gallo- con quella sentenza ha escluso l’illegittimità costituzionale delle norme che limitano l’applicazione dell’istituto matrimoniale alle unioni tra uomo e donna, nel contempo ha affermato il diritto di ottenere riconoscimento giuridico”. Lo stesso provvedimento che la Consulta, in virtù dei rispettivi poteri e ruoli, di certo non è tenuta a compiere. Per questo motivo il presidente della medesima ha redarguito il Parlamento italiano, richiamandolo al dovere di regolamentare la materia entro “i modi ed i limiti più opportuni”.

Quello avanzato ieri non è altro che l’ultimo dei rimproveri mossi dalla Consulta nel corso di questi ultimi anni, nei confronti dei politici italiani distratti e ritardatari. “Spesso è accaduto che il Parlamento non abbia dato seguito ai nostri inviti. -è così proseguita la recriminazione di Gallo- Tra questi la necessità di fare una legge sul riconoscimento delle coppie dello stesso sesso e sull’introduzione di una normativa che prevede l’attribuzione al figlio anche del cognome materno oltre a quello paterno” dal momento che la legislazione attuale non rappresenta nient’altro che un retaggio della concezione d’impostazione patriarcale della famiglia.

Dissimile le reazioni scaturite dal mondo politico di fronte alle parole pronunciate dal presidente della Corte Costituzionale. Dal fronte Pdl, Maurizio Gasparri ha recepito l’esortazione di Gallo semplicemente come un’ingerenza, mentre Eugenia Roccella l’ha definita “un intervento a gamba tesa”. Si sono aperte invece “prospettive di condivisione sulle coppie omosessuali” da Benedetto Della Vedova, esponente di Scelta Civica, giacendo già da tempo sia alla Camera che in Senato svariate proposte di legge nel merito. La prima di queste, in ordine cronologico, è stata presentata a Palazzo Madama a inizio marzo da Luis Orellana del Movimento Cinque Stelle.

Il primo giorno d’inizio legislatura, alla Camera si è invece mosso Ivan Scalfarotto, deputato e vicepresidente del Pd. Entrambe i disegni di legge riflettono un denominatore comune: ambedue sono infatti il prodotto di un’elaborazione della Rete Lendford, un insieme di legali competenti e sensibili ai temi che trattano i diritti delle coppie omosessuali  e dei transgender.

Nel giorno della storica approvazione francese, a noi non rimane altro ch il desolato commento delle associazioni gay: “Il nostro Parlamento non ha dato piena attuazione alla Costituzione”, ha confermato l’esperto di diritti glbt, nonché responsabile dello sportello legale Arcigay Genova, Damiano Fiorato. La Camera e il Senato italiani sembrano dunque voler mantenere una linea di distacco “rispetto alla società civile”. Nel Bel Paese, infatti, soltanto un paio di Comuni sono stati in grado di introdurre i registri delle unioni civili, nonostante il resto del mondo (a partire dal vicino esempio francese per giungere a quello remoto dell’Uruguay), continuano a battere la strada del progresso predisponendo normative ad hoc capaci di allargare a tutti gli istituti del matrimonio e dell’adozione.

Letizia Pieri

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