La lunga vicenda giudiziaria tra il Gabibbo di Striscia la notizia (“figlio” di Antonio Ricci) e il Big Red mascotte della Western Kentucky University (“figlio” di Ralph Carey) involge il tema della tutela autoriale dei personaggi di fantasia avuto particolare riguardo ai limiti operativi del cd. plagio evolutivo.
All’esito dei diversi giudizi susseguitesi lungo due filoni giudiziari (l’uno: Trib. Ravenna, Lugo, 11 dicembre 2007, n. 129; Corte App. Bologna, 13 maggio 2011, n, 609; Corte di Cassazione, sez. I, 11 gennaio 2017, n. 503 – l’altro: Trib. Milano, 10 aprile 2012, n. 4145; Corte App. Milano, 9 gennaio 2014, n. 525; Corte di Cassazione, sez. I, ord. 6 giugno 2018, n. 14635) deve oggi tenersi conto dell’ultimo arresto della Suprema Corte (n. 14635) che, in estrema sintesi, afferma (tra l’altro): <<in tema di diritto d’autore, la fattispecie del plagio di un’opera altrui non è data soltanto dal “plagio semplice o mero plagio” e dalla “contraffazione” dell’opera tutelata ma anche dal cd. “plagio evolutivo”, che costituisce un’ipotesi più complessa del fenomeno plagiario in quanto integra una distinzione solo formale delle opere comparate, sicchè la nuova, per quanto non sia pedissequamente imitativa o riproduttiva dell’originaria, per il tratto sostanzialmente rielaborativo dell’intervento eseguito su quest’ultima, si traduce non già in un’opera originale ed individuale, per quanto ispirata da quella preesistente, ma nell’abusiva e non autorizzata rielaborazione di quest’ultima, compiuta in violazione della L. n. 633 del 1941, artt. 4 e 18>>.
Procedendo con ordine deve ricordarsi che:
– sono protette dal diritto d’autore le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione (art. 1 L. n. 633 del 1941 – LDA);
– il carattere creativo, e la novità dell’opera, sono elementi costitutivi del diritto d’autore sull’opera dell’ingegno; pertanto, prima ancora di verificare se un’opera possa costituire plagio di un’altra, il Giudice del merito deve verificare se quest’ultima abbia, o meno, i requisiti per beneficiare della protezione richiesta, e ciò sia sotto il profilo della compiutezza espressiva, sia sotto il profilo della novità;
– il concetto giuridico di creatività, cui fa riferimento l’art. 1 LDA, non coincide con quello di creazione, originalità e novità assoluta, riferendosi, per converso, alla personale e individuale espressione di un’oggettività appartenente alle categorie elencate, in via esemplificativa, nello stesso art. 1, di modo che un’opera dell’ingegno riceva protezione a condizione che sia riscontrabile in essa un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore, con la conseguenza che la creatività non può essere esclusa soltanto perché l’opera consista in idee e nozioni semplici, ricomprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia;
– la creatività non è costituita dall’idea in sé, ma dalla forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, di modo che la stessa idea può essere alla base di diverse opere che sono, o possono essere, diverse per la creatività soggettiva che ciascuno degli autori spende e che, in quanto tale, rileva ai fini della protezione.
– si ha violazione dell’esclusiva non solo quando l’opera sia copiata integralmente (riproduzione abusiva in senso stretto), ma anche quando si verifichi una contraffazione dell’opera precedente (la quale implica delle differenze oltre che delle somiglianze).
Nell’economia della vicenda Big Red vs. Gabibbo è centrale il tema del plagio, termine (che la legge non definisce espressamente) con il quale ex art. 171 LDA si indica il fatto di chi <<senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma, a) riproduce… un’opera altrui>>.
Il plagio, dunque, si realizza con l’attività di riproduzione – si parla perciò di appropriazione – totale o parziale degli elementi creativi di un’opera altrui, così da ricalcare in modo parassitario quanto da altri ideato e quindi espresso in una forma determinata e identificabile.
Nel corso degli anni le elaborazioni degli interpreti hanno consolidato taluni principi-guida che orientano il giudizio di fatto sulla comparazione tra le opere, per giungere ad una valutazione positiva o negativa di plagio.
In primis, quanto all’opera plagiata, si è già detto come la stessa debba presentare i caratteri della originalità creativa riconoscibile e di come sia oggetto di tutela non l’idea in sé, bensì la forma della sua espressione ragion per cui non può parlarsi di plagio con riferimento all’idea su cui l’opera si fonda.
Quanto all’opera plagiaria occorre considerare che:
– affinché essa sia tale deve essere priva di un c.d. scarto semantico, idoneo a conferirle rispetto all’altra un proprio e diverso significato artistico, in quanto abbia dall’opera plagiata mutuato il c.d. nucleo individualizzante o creativo. Si rende, cioè, necessario che l’autore del plagio si sia appropriato degli elementi creativi dell’opera altrui, ricalcando in modo pedissequo quanto da altri ideato ed espresso in forma determinata e identificabile (al contrario, è esclusa la sussistenza del plagio, allorché la nuova opera si fondi sì sulla stessa idea ispiratrice, ma si differenzi negli elementi essenziali che ne caratterizzano la forma espressiva);
– tale verifica deve essere operata sulla base del riscontro delle difformità dalle caratteristiche essenziali, mentre non sono sufficienti originalità di mero dettaglio dell’opera plagiaria (non sussiste dunque il plagio qualora due opere, pur avendo in comune il cd. spunto o motivo ispiratore, differiscano quanto agli ulteriori elementi caratterizzanti ed essenziali, permanendo viceversa il plagio anche quando esso sia camuffato – o mascherato – mediante varianti solo apparenti);
– non rileva in sé la confondibilità tra due opere, alla stregua del giudizio d’impressione utilizzato in tema di segni distintivi dell’impresa, ma la riproduzione illecita di un’opera da parte dell’altra;
– il giudizio (di fatto insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato) deve seguire una valutazione complessiva e sintetica, non analitica, incentrata sull’esame comparativo degli elementi essenziali delle opere da confrontare, dovendosi cioè valutare il risultato globale o l’effetto unitario.
Secondo giurisprudenza e dottrina ancora:
– si parla di contraffazione ogniqualvolta la violazione consista nello sfruttamento illecito del diritto patrimoniale dell’autore – come nel caso di riproduzione abusiva dell’opera, seguita o meno dallo spaccio degli esemplari ottenuti – sia che l’opera venga anche modificata da parte del contraffattore, sia che la medesima venga, invece, abusivamente utilizzata senza cambiamento alcuno, ma venga comunque rispettato il diritto di paternità dell’opera;
– per plagio si intende, invece, una violazione del solo diritto morale di paternità dell’opera (il plagiario si afferma autore di un’opera che è in realtà attribuibile ad un altro soggetto) in tal modo appropriandosi in modo illegittimo sia degli elementi creativi di un’opera, sia della paternità della stessa (la fattispecie di plagio determina pertanto, al contempo, la violazione del diritto di utilizzazione economica e quella del diritto morale d’autore);
– se un’opera viene illecitamente riprodotta (con o senza modifiche) ed al tempo stesso attribuita ad un soggetto diverso dal vero autore si parla di <<plagio-contraffazione>>, sebbene sia frequente utilizzare anche il solo termine plagio per indicare un fenomeno più ampio della contraffazione (siccome implicante l’appropriazione della paternità dell’opera) che tuttavia nella maggior parte dei casi la presuppone.
Infine, si deve fare riferimento alla elaborazione creativa non consentita (c.d. plagio evolutivo) che si caratterizza per una elaborazione dell’opera originale con un riconoscibile apporto creativo, ragion per cui riceve specifica protezione (art. 4 LDA).
Peraltro, anche nella elaborazione creativa dell’opera altrui è riconoscibile, eventualmente anche non ictu oculi, l’apporto creativo che caratterizza l’opera originaria.
Tale fattispecie può essere lesiva del diritto di autore e, in particolare, può dar luogo ad un illecito quando determini un pregiudizio dei diritti esistenti sull’opera originaria, considerato che l’autore ha il diritto esclusivo di elaborazione della sua opera (art. 18 LDA), con la conseguenza che l’elaborazione di un terzo può ritenersi lecita soltanto se realizzata con il consenso dell’autore dell’opera originaria e se questa viene citata nelle forme d’uso.
La distinzione tra contraffazione ed elaborazione creativa è rimessa ad un apprezzamento di fatto del giudice di merito, le cui conclusioni possono essere sindacate in sede di legittimità soltanto per vizio della motivazione.
Orbene, alla luce di quanto fi qui esposto, può dirsi – nel merito della vicenda Big Red vs Gabibbo – che, come affermato dalla Corte di Appello di Bologna n. 609/2011 il Big Red non assurge al livello di opera creativa in quanto non dissimile da altri pupazzi comunemente conosciuti (<<tutti caratterizzati dall’essere goffi umanoidi costituiti da una massa amorfa di colore rosso, con grande testa e occhi e bocca larga>>).
Se i due pupazzi “contendenti” sono entrambi di fantasia, umanoidi e di colore rosso con testa grande, occhi bianchi e pupille nere, e con una bocca decisamente larga, tuttavia notevoli sono le differenze tra di loro.
Invero Big Red reca sul petto, in talune sue raffigurazioni, la scritta WKU, è privo del naso, ha una bocca con andamento trasversale, indossa scarpe bianche da ginnastica, non parla ma fa la mascotte incitando solo a gesti il pubblico ad applaudire, rivolgendosi quasi solo a giovani nel contesto sportivo.
Il Gabibbo che veste con papillon, pettorina e polsini, che ha il naso ed una bocca rettilinea e non porta scarpe è tutt’altro che muto: balla, canta e fa l’inviato e il presentatore rivolgendosi ad un pubblico eterogeneo per lo più composto da persone adulte.
Non solo. Il personaggio di oltre oceano ha gambe più corte di quello nostrano e un corpo a forma di sacco e meno definito rispetto a quello del Gabibbo.
Da parte sua la Corte d’appello di Milano (n. 525/2014.) pone l’accento sulla <<amplissima lista di personaggi di fantasia che popolano il mercato dell’intrattenimento, pubblicitario e televisivo e appaiono caratterizzati da fattezze simili a quelle di Big Red>>.
In questo senso si possono ricordare da Gossammer (del 1946) a Blob, da Barbapapà a Pacman – solo per citarne alcuni – che portano a ritenere l’assenza di individualità del Big Red che, quindi, non può dirsi frutto dell’opera creativa del suo autore.
E ciò vale anche per la dimensione c.d. psicologica del personaggio il cui carattere allegro ricalca quello dei suoi predecessori.
Al tempo stesso la Corte meneghina riconosce comunque al Big Red una sua propria dimensione psicologica con un (criticabile) passaggio della sua sentenza in cui avrebbe dovuto quanto meno motivare perché le caratteristiche dei tanti pupazzi che lo avevano preceduto non erano idonee ad anticipare il profilo della individualità di tale opera.
Si tratta di un aspetto fondamentale in quanto l’intera vicenda si fonda su un dato imprescindibile, ovvero la tutelabità autoriale del Big Red.
Bene sul punto fa la Suprema Corte che nella sua decisione n. 503/2017 pone l’accento sul fatto che le diversità riscontrabili tra la mascotte americana e le precedenti realizzazioni cui innanzi si è fatto cenno <<non sono tali da raggiungere la soglia della creatività minima richiesta per la tutela>> (in ciò confermandosi l’argomentare della Corte di merito).
In altro passaggio della sentenza resa dalla Corte Meneghina si legge ancora: <<in presenza di un panorama di anteriorità sovraffolato – cd. crowded art – non solo è inevitabile un certo grado di rassomiglianza tra i personaggi, ma i dettagli acquistano un ruolo centrale per distinguere gli uni dagli altri e conferire loro individualità>>.
Ciò comporta – secondo il Collegio giudicante – che piccole modifiche di un’opera rispetto ad un’altra valgano ad assegnarle la tutela del diritto di autore.
Se così è – cioè se si deve seguire il ragionamento della Corte di Milano – allora anche un piccolo contributo creativo vale a comportare la tutelabilità dell’opera e quindi tutelabili sono sia il Big Red (in parte certamente diverso dai suoi predecessori), sia il Gabibbo diverso dal pupazzo americano. La conseguenza ultima è l’assenza di plagio del secondo rispetto al primo.
Idem a voler optare per una tutela rigida del diritto di autore (ragionando quindi in termini diametralmente opposti a quelli della Corte): avremmo in questo caso opere prive di tutela – sia per Big Red che per il Gabibbo – e quindi assenza di ogni ipotesi plagio.
L’assenza di plagio e di contraffazione – si noti bene – è ormai questione assodata e passata in giudicato in quanto alla Corte di appello di Milano è dato il compito di verificare solo una eventuale ipotesi di plagio c.d. evolutivo.
La Corte di appello di Milano, in sede di rinvio, dovrà effettuare la sua valutazione avuto riguardo al profilo dell’aspetto esteriore (e sul punto notevoli sono le differenze tra Gabibbo e Big Red) e dello scarto semantico per il quale è di rilievo fondamentale il significato artistico.
Certo è che agli occhi di un osservatore terzo, stando a quanto emerge da un’obiettiva lettura delle numerose sentenze sinora rese sulla vicenda, poiché il Gabibbo esprime un messaggio artistico suo proprio, del tutto diverso da quanto fa il Big Red, non v’è modo di ritenere sussistente una ipotesi di plagio evolutivo.
La descrizione dei due pupazzi e delle loro differenze che emerge dalle motivazioni delle varie pronunce rese rende, in effetti, arduo, sul piano del confronto esteriore e poi ricorrendo al canone del c.d. scarto semantico, riscontrare una simile figura di illecito: vedremo cosa stabiliranno i giudici di rinvio. I quali peraltro dovranno necessariamente tenere in debito conto anche gli effetti non solo “argomentativi”, ma propriamente giuridici delle statuizioni della Corte di Bologna – la cui pronuncia è resa anche nei confronti di Ralph Carey – che si è espressa su profili comuni a quelli propri del giudizio attualmente pendente.
Si vuol dire cioè che la pronuncia bolognese dovrà essere tenuta in debito conto dai Giudici della Corte di Milano così da evitare conflitti di accertamenti. E qui un ruolo forte avrà, deve presumersi, l’affermazione della Corte bolognese che ha negato la tutelabilità di Big Red quale opera dell’ingegno per l’assenza dei requisiti di novità ed originalità: di conseguenza ove la Corte di Milano andasse ad affermare la proteggibilità del Big Red (che è il presupposto delle domande del sig. Carey nella causa oggi pendente), o la confondibilità con essa del pupazzo nostrano, si avrebbe un palese contrasto con un precedente accertamento tra le stesse parti e per lo stesso oggetto.
E cioè a dire: profilo di fondamentale importanza nella vicenda sarà sicuramente quello rappresentato dal fatto che, con l’intervenuta sentenza n. 503 del 2017 della Suprema Corte, si è inevitabilmente formata -e peraltro dopo la pronuncia della Corte d’Appello di Milano poi annullata- la cosa giudicata: sia quanto, da una parte, all’assenza del requisito minimo (di creatività) per la tutela del diritto di autore del Big Red sia quanto, dall’altra, alla riconosciuta originalità del Gabibbo (quindi tutelabile ex art. 4 L. n. 633 del 1941): tema col quale dovranno confrontarsi i nuovi giudici chiamati a decidere in sede di rinvio. I quali, anche al di là degli effetti del giudicato, si troveranno davanti un accertamento comunque definitivo sulla vicenda già intervenuto a Bologna, che si andrà ad aggiungere a quello espresso nella sentenza cassata nelle parti non caducate dalla Suprema Corte.
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