La Repubblica di Grillo: quando un voto vale meno di un twitt

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Giorni intensi per i poveri smartphone, costretti a digerire una valanga di twitt, di post, di blog, di email. Costretti a reggere un tumultuoso fiume di proteste, insulti, suggerimenti, difese più o meno convincenti. Gli effetti sono evidenti: candidature espressione del web, grandi elettori condizionati dai social network e giornali pieni di reportage non su fatti reali, ma sulle tendenze di Twitter.

Nascono le “flash mob”, manifestazioni estemporanee organizzate tramite il passaparola dei social network.  Poco importa quanti siano in realtà a radunarsi, poco importa che magari siano sempre gli stessi attivisti di questo o quel movimento, poco importa se rappresentano una piccola minoranza del popolo italiano, il web, complici gli altri media, li duplica, li moltiplica all’infinito fino a diventare la maggioranza, l’unanimità degli italiani. Il popolo sovrano viene sostituito dal pubblico sovrano tanto evocato nei reality show.

E poi un susseguirsi di espressioni apocalittiche: “I militanti del PD bruciano le tessere del partito davanti a Montecitorio” (si trattava di una sola ex simpatizzante pieddina poi emulata da qualche altro),  “La gente vuole Rodotà”,  “Il popolo vuole Rodotà”, “Rodotà è il nuovo tutti gli altri sono il vecchio”, “Il Parlamento ha deciso contro la volontà dei cittadini”. Ed ecco, infine, arrivare “Il golpe” del Parlamento non contro la Costituzione, ma contro la rete.

Nessuno ricorda più come si sono espressi 35.271.541di italiani lo scorso febbraio. Se un tempo si diceva che i voti in democrazia si contano e non si pesano, oggi nessuno ricorda il tuo voto se non hai un collegamento a internet e se non hai dimestichezza con i social network.

Sparisce ogni riferimento a dati o numeri reali, tutto viene visto attraverso il filtro deformante di un indefinito e imprecisato “senso comune” che viene dedotto dal passaparola mediatico e che tende a conformare ad esso ogni mente.

Così vince sempre chi alza la voce, giustamente o ingiustamente, rappresentante della maggioranza o della minoranza dei cittadini. Così nasce una oligarchia mediatico-tecnologica priva di regole, perché alla rete non si possono dare regole. Così, oggi, prendiamo atto che il voto espresso nel segreto delle urne vale meno di un hashtag di Twitter.

A chi rimane ancora affezionato ai vetusti principi democratici non rimane che ripetere le parole del Prof. Rodota’ “Il fatto che Grillo dica che sarà cancellata la democrazia rappresentativa perché si farà tutto in Rete, rischia di dare ragione a coloro che dicono che la democrazia elettronica è la forma del populismo del terzo millennio. Queste tecnologie vanno utilizzate in altri modi: l’abbiamo visto con la campagna elettorale di Obama e nelle primavere arabe. Poi si scopre che Grillo al Nord dice non diamo la cittadinanza agli immigrati, al Sud che la mafia è meglio del ceto politico, allora vediamo che il tessuto di questi movimenti è estremamente pericoloso. E rischia di congiungersi con quello che c’è in giro nell’Europa. A cominciare dal terribile populismo ungherese al quale la Ue non ha reagito adeguatamente.” (intervista a “Left” 19 luglio 2012).

Massimiliano Pari

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