La Regione Sicilia non può essere commissariata

Massimo Greco 19/07/12
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Al netto di valutazioni di natura finanziaria e più propriamente politiche, certamente meritevoli di essere affrontate con l’urgenza e il rigore che la congiuntura richiede, ciò che incuriosisce non poco della questione “Sicilia” è la diffusa certezza che il Governo nazionale possa decidere, in presenza di motivate esigenze di carattere finanziario (rectius, rischio default) di commissariare una Regione. Tale convinzione viene irrobustita da univoche dichiarazioni di autorevoli esponenti nazionali sia del mondo politico che di quello imprenditoriale. Per non parlare dell’uso disinvolto che i media continuano a fare del potere sostitutivo di cui dispone eccezionalmente il Governo nazionale.

Ma poiché spetta a noi “curiosi del diritto pubblico” discernere, in uno Stato di diritto, tra ciò che si vuole fare e ciò che si può fare, proviamo, a caldo, a verificare la fattibilità istituzionale di siffatta ipotesi di commissariamento della Regione Sicilia, dando per scontata la conoscenza della copertura costituzionale di cui gode una Regione a Statuto speciale come la Sicilia e del principio di competenza che, “di regola, non tollera deroghe, essendo preordinato, oltre che alla compiuta affermazione del principio di legalità, anche al buon andamento ed alla imparzialità dell’azione amministrativa, ex art. 97 Cost.”[1].

Il 1° comma dell’art. 8 dello Statuto siciliano così recita: “Il Commissario dello Stato di cui all’art. 27 può proporre al Governo dello Stato lo scioglimento dell’Assemblea regionale per persistente violazione del presente Statuto”. Due spunti di riflessione emergono dalla lettura di detta disposizione statutaria:

1)      Se lo Statuto riconosce al Commissario di Stato la facoltà di proposta, implicitamente si riconosce al Governo nazionale la facoltà di accogliere, o meno, detta proposta decretando lo scioglimento dell’A.R.S. previa delibera dei due rami del Parlamento, come prescrive il successivo comma 2°. Rimane di capire se il Governo nazionale possa disporre lo scioglimento dell’A.R.S. nell’ipotesi di persistente violazione dello Statuto anche in assenza della proposta del Commissario dello Stato.

2)      La norma, ratione temporis, disciplina lo scioglimento dell’A.R.S. e non anche del Presidente e della sua Giunta. La sopravvenuta elezione diretta del Presidente della Regione pone inevitabilmente un problema interpretativo di non facile soluzione che non potrebbe essere facilmente superato, atteso che in materia di compressione di diritti politici, che trovano alimentazione, tra gli altri, nell’art. 51 della Costituzione, l’interpretazione non può che essere restrittiva.

Orbene, la citata disposizione statutaria non ci sembra idonea a soddisfare l’esigenza di un commissariamento della Regione Sicilia non solo perché sciogliendo l’A.R.S. rimarrebbe in carica il Presidente e gli Assessori dallo stesso nominati, ma perché non sarebbe affatto facile, se non impossibile, dimostrare la persistente violazione dello Statuto. 

Il 5° comma dell’art. 8 dello Statuto siciliano recita invece così: “Con decreto motivato del Presidente della Repubblica e con l’osservanza delle forme di cui al secondo e al terzo comma è disposta la rimozione del Presidente della Regione, se eletto a suffragio universale e diretto, che abbia compiuto atti contrari alla Costituzione o reiterate e gravi violazioni di legge. La rimozione può altresì essere disposta per ragioni di sicurezza nazionale”. Anche in questo caso almeno due sono le riflessioni da fare:

1)      Detta disposizione si presenta decisamente più lungimirante, perché prospettando l’ipotesi di una elezione a suffragio universale e diretto del Presidente della Regione, fornisce all’ordinamento una disciplina ad hoc.

2)      Il potere di disporre della rimozione del Presidente della Regione non è rimesso nelle mani del Governo ma del Presidente della Repubblica, la cui decisione è subordinata alla sola deliberazione dei due rami del Parlamento.

A differenza della precedente, questa ci sembra la disposizione oggettivamente più idonea all’ipotesi del commissariamento quale conseguenza della rimozione del Presidente della Regione, tuttavia non è così facile configurare lo scenario motivazionale che giustifica il provvedimento Presidenziale di rimozione. Infatti, fuori dalle improbabili questioni connesse alla sicurezza nazionale, quali atti contrari alla Costituzione sono stati adottati dal Presidente della Regione Sicilia? E quali gravi e reiterate violazioni di legge sono state dallo stesso commesse? 

Un ancoraggio costituzionale potrebbe individuarsi anche nell’art. 120 della Costituzione, riscritto dall’art. 6 della L. cost. n. 3/2001, che così recita: “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione”.

Ora, in disparte l’analoga necessità motivazionale di imputare alla Presidenza della Regione Sicilia una delle previsioni contenute nel citato art. 120 della Costituzione per giustificare il provvedimento sostitutivo, va preliminarmente evidenziata la non immediata applicabilità della disposizione costituzionale in questione nell’ordinamento siciliano, respingendo, tuttavia, la tesi di chi in questi giorni ha sostenuto, sbrigativamente, che i principi dell’art. 120 Cost. non sono in astratto applicabili alle Regioni a Statuto speciale[2].

Invero, il potere sostitutivo può trovare applicazione anche in una Regione a Statuto speciale comela Sicilia anche se il suo esercizio resta subordinato al concreto trasferimento delle funzioni ulteriori attratte dal nuovo Titolo V° della Costituzione, da attuarsi secondo le procedure previste dall’art. 11 della L. n. 131 del 2003, ossia con norme di attuazione degli Statuti speciali adottate su proposta delle commissioni paritetiche.

Corollario di questa argomentazione, è che fino a quando tali norme di attuazione non saranno state approvate, la disciplina dell’art. 120, comma 2, Cost. resterà priva di efficacia, non essendo idonea a produrre alcuna violazione delle loro attribuzioni costituzionali, e che, nelle more, si farà applicazione della specifica disciplina del potere sostitutivo contenuta nell’illustrato art. 8 dello Statuto siciliano.

Per concludere possiamo affermare che in presenza di una forma di governo presidenziale della Regione Sicilia caratterizzata dall’attribuzione al suo Presidente di “forti e tipici poteri per la gestione unitaria dell’indirizzo politico e amministrativo della Regione (art. 9 dello Statuto) è incontestabile che una simile opzione sia indice della maggiore forza politica del Presidente”[3].

Pertanto, le annunciate e confermate dimissioni del Presidente Lombardo, determinando, ai sensi dell’art. 10, comma 2, dello Statuto, la nuova elezione dell’A.R.S. e del Presidente, rendono immediatamente applicabile nella specie solamente l’art. 8-bis, comma 3, dello Statuto così consentendo lo svolgimento dell’ordinaria amministrazione a cura del Vice Presidente, peraltro già formalmente delegato a tale compito.


[1] Q. Camerlengo, Potere sostitutivo (Dir. Cost.) in Digesto,Tomo 2, Torino, 2008, pag . 659 ss.

[2]La Corte Costituzionale con sentenza n. 236/2004 si è infatti già pronunciata sulla questione dell’applicabilità del potere sostitutivo nei confronti delle Regioni a Statuto Speciale, dichiarando inammissibile la questione proposta dalla Regione Friuli Venezia Giulia ed affermando il principio secondo cui l’art. 120, comma 2, Cost. è posto a presidio di fondamentali esigenze di eguaglianza, sicurezza, legalità che potrebbero restare insoddisfatte o essere gravemente pregiudicate a causa del mancato o l’illegittimo esercizio delle competenze attribuite agli Enti sub-statali nei precedenti artt. 117 e 118.

[3] Corte Cost. sent. 24/10/2008 n. 352 emessa per il caso Cuffaro.

Massimo Greco

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