-il 16 settembre 2013 scatta l’acconto dell’Imu sulla casa principale (al momento sospeso) in caso il riassetto della fiscalità immobiliare non dovesse realizzarsi entro il 31 agosto;
-il 1° ottobre 2013 l’Iva passa dal 21 al 22%, in tal senso si ricorda come un’ipotetica ulteriore crescita dell’Iva dal 1° ottobre al 31 dicembre verrebbe a valere poco più di un miliardo di euro e la completa rinuncia all’aumento dell’aliquota comporterebbe per lo Stato un costo, a regime dal 2014, stimato a 4,2 miliardi;
-il 2 dicembre 2013 subentrano i versamenti degli acconti al 100% (Irpef) o al 101% (Ires);
-il 16 dicembre prossimo parte poi il saldo dell’Imu per i proprietari degli immobili assoggettati all’imposta.
L’oggetto che rimane comunque centrale all’interno di questa folta schiera di scadenze finanziarie è quello costituito dall’Imu. Sono infatti i due miliardi al momento lasciati sospesi a pesare di più di ogni altra ‘manovra’ sulla già cagionevoli casse statali tramutando, di conseguenza, sempre in più remota ipotesi l’effettiva strutturazione dell’esenzione. Le congetture tecniche degli esperti del Dicastero dell’Economia sono pertanto slittate dalla predisposizione totale dell’esenzione a quella invece mirata. In tal senso, l’accrescimento della detrazione di 200 euro, sino a specifiche soglie, implicherebbe l’automatica esclusione dall’Imu della grande maggioranza dei proprietari di abitazione principale. A partire già dal 2012, 5 milioni erano stati lasciati fuori dalle detrazioni di legge, a prescindere tuttavia dalle considerazioni assai ‘pericolose’ sulla capacità contributiva o sull’Isee. Resta comunque il fatto che attraverso una detrazione cresciuta a 450 euro riuscirebbe a scampare all’Imu circa l’85% dei contribuenti, riuscendo contestualmente a salvare quasi metà del gettito dell’imposta.
Tra i vari ‘disegni revisionali’ emerge quello di creare una vera e propria service tax, e cioè una sovrapposizione tra Imu e Tares (la nuova tassa sui rifiuti). Si delinea poi l’ipotesi della deducibilità dal reddito dell’imposta versata sugli immobili usati per le attività produttive nei confronti delle imprese. Su questo punto, tuttavia, incombe la deadline del 31 agosto sul riordino generale dell’imposizione immobiliare dopo il quale tornerà ad essere applicato a pieno regime l’Imu ‘completo’ (comprensivo anche dell’acconto di giugno). La grande riforma, tuttavia, potrà cominciare a muovere concretamente i primi passi soltanto molto doto la scadenza del 31 agosto: questo perché è necessario rimettere mano anche alla revisione catastale dal momento che dalle nuove tariffe d’estimo al metro quadro, basate su valori di mercato per locazioni e compravendite, giunge a dipendere pressoché l’intera fetta delle imposte sul mattone, prima fra tutte proprio quella dell’Imu. Le congetture che si prospettano hanno ad oggetto il consistente aumento delle basi imponibili a cui dovrebbe corrispondere in automatico, così come previsto dal disegno di legge delega fiscale in discussione al comitato ristretto della commissione Finanze della Camera, una discesa delle aliquote d’imposta tale da garantire l’invarianza di gettito. Si attende altresì un intervento sulla cedolare secca riguardante gli affitti: effettivamente la stessa arriva a costare notevolmente di più rispetto a ciò che riesce a rendere (circa un terzo del previsto) dal momento che è mancata l’emersione degli affitti in nero.
Per concludere, la riforma del condominio (legge n. 220/2012), recentemente entrata in vigore, ha portato 30 milioni di persone nel mondo della nuova disciplina. Già a inizio estate ci sono stati i primi sintomi delle difficoltà applicative delle regole, in particolare con riguardo all’obbligatoria istituzione del fondo condominiale pari all’importo delle spese nel momento della decisione dei lavori di straordinaria manutenzione. A settembre poi si passerà alle nomine degli amministratori con i requisiti professionali e all’onorabilità alle decisioni sul risparmio energetico con le nuove, e più rigide, maggioranze.
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