Il Guardian contro il Principe Carlo. In forse la neutralità della monarchia

Redazione 23/10/12
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La monarchia britannica, una delle più chiacchierate al mondo, è tornata a far parlare di sé. Questo volta, però, si tratta di qualcosa di più importante di semplice gossip, pettegolezzi e foto scandalistiche. Uno dei più popolari quotidiani inglesi, The Guardian, ha infatti ingaggiato già dal 2005 una campagna contro il Principe di Galles ed erede al trono d’Inghilterra, Carlo di Windsor, reo di avere cercato di influenzare la politica del Paese “a suo vantaggio”. Il fatto sarebbe gravissimo poiché violerebbe la severa tradizione istituzionale inglese che, ormai da secoli, prescrive di fatto la più rigorosa neutralità dei monarchi (e dei loro familiari) nella vita politica del Paese. Tale campagna proprio in questi giorni sta giungendo ad una fase culminante.

Secondo il popolare tabloid, nel corso di 40 anni sarebbero numerosissime le lettere inviate ad almeno sette Ministri con la firma “Carlo d’Inghilterra” e corredate dallo stemma ufficiale del Principe di Galles, il fiordaliso. Dal 2005 il Guardian chiede che siano rese pubbliche. Le “raccomandazioni” del pretendente al trono di Elisabetta II rivolte ai vari esecutivi riguarderebbero riduzioni per gli stanziamenti alla difesa (è noto il pacifismo di Carlo) ed altri interventi nei settori della medicina, dell’urbanistica e dell’agricoltura. Il 18 settembre scorso il Tribunale per la libertà d’informazione aveva deciso per la pubblicazione delle lettere incriminate, ma il 17 ottobre il Governo, presieduto dal Premier tory David Cameron, ha posto il veto sulla sentenza del tribunale, argomentando che una loro diffusione arrecherebbe danni alla monarchia e conseguentemente – poiché nel Regno Unito l’istituzione monarchica e l’immagine della nazione sono strettamente intrecciate – al Paese nel suo complesso. Ma il Guardian ha già annunciato di voler ricorrere contro la decisione governativa all’Alta Corte di Giustizia (la High Court, il vertice del sistema giudiziario della Gran Bretagna).

Il Principe Carlo ha sempre amato definirsi “a meddling prince”, cioè un principe che prende posizione, specificando come la sua sia più un’azione di “stimolo” e di “incentivo” che non di vere e proprie prescrizioni (che di fatto sarebbe anche volendo del tutto impossibilitato a compiere, essendo la monarchia priva di ogni potere esecutivo). È tuttavia innegabile che l’erede al trono può far valere presso i suoi interlocutori istituzionali una “moral suasion” importante, tale da potersi considerare come una vera e propria pressione al limite dell’ingerenza indebita negli affari di Governo. E la cosa sarebbe andata avanti per anni, con inviti rivolti dal Principe di Galles a segretari di Governo alla Clarence House (dove l’erede ha stabilito dal 2002 il proprio ufficio privato) per discutere di politica, e con le cosiddette “black spider memos” (“le memorie del ragno nero”, con allusione alla grafia), indirizzate a varie personalità chiave degli esecutivi e chiedere di volta in volta modifiche all’azione di Governo.

Lo scontro tra l’erede al trono e il Guardian comincia quando, 7 anni fa, il giornalista Rob Evans chiede al Tribunale per la libertà d’informazione di pubblicare 27 lettere scritte tra il settembre 2004 e l’aprile 2005 (all’epoca era Premier Tony Blair e l’Inghilterra era invischiata nella largamente impopolare guerra in Iraq) ed indirizzate al Cabinet Office (a diretto supporto dell’azione del Prime Minister) ed ai Ministeri del tesoro, dell’ambiente, della salute, dell’istruzione, della cultura e dell’Irlanda del Nord. Secondo quanto riferito al quotidiano da Paul Richards, ex consigliere di Governo, le missive del Principe “venivano sempre messe in cima alla pila delle pratiche da sbrigare”. Tale “corsia preferenziale” sarebbe stata percorsa dal pretendente in numerosissime occasioni. Uno dei casi più eclatanti sarebbe, se confermato, quello per cui a The Prince’s Foundation for Integrated Health (una delle 20 associazioni non profit presiedute da Carlo, fondata nel 1993) il Ministero della salute avrebbe erogato una sovvenzione di 1,1 milioni di sterline. Questo mentre fonti dello stesso Ministero rivelavano, nel febbraio 2010, come in diverse occasioni il Principe di Galles si fosse speso perché le medicine alternative, promosse dalla stessa associazione (chiusa di lì a due mesi per frode e riciclaggio), entrassero a far parte dei programmi del sistema sanitario nazionale (Nhs).

Ma neppure Oltremanica è facile ottenere trasparenza nelle istituzioni, in particolare ai loro vertici e specialmente se ad essere in gioco è l’onore ed la buona reputazione della monarchia, massimo simbolo dell’unità del Paese e dello stesso prestigio internazionale del Regno Unito. Il procuratore generale del Governo liberal-conservatore, Dominic Grieve, ha utilizzato il potere di veto nelle mani dell’esecutivo spiegando che nelle sue lettere Carlo d’Inghilterra esprime “punti di vista molto personali”, non tali da minare la sua posizione super partes. Secondo il Governo Cameron il contenuto delle missive fa emergere come gli interventi sarebbero del tutto legittimi. Ma allora, perché non consentire la stampa? Fondamentalmente perché “la corrispondenza con i Ministri fa parte dell’apprendistato di Carlo in vista dell’ascesa al trono”, per cui “la pubblicazione comprometterebbe la capacità del Principe di svolgere le proprie funzioni una volta divenuto re”. Insomma, il rischio è quello di minare lo status di neutralità che deve essere proprio ed imprescindibile per ogni sovrano di Gran Bretagna.

In questo modo il Governo ha finito con il ribaltare a sostegno della decisione del veto le stesse accuse che venivano rivolte contro Carlo, ma il ricorso del Guardian alla High Court lascia intendere che lo scontro è ancora aperto e potrebbe assumere, un domani, effetti potenzialmente dirompenti per una degli istituti monarchici più antichi al mondo.

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