Il ddl anticorruzione e la fiducia tradita…

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Sbalorditivo, sconcertante, inammissibile, inaccettabile.

Non ci sono parole per descrivere quello che è accaduto qualche giorno fa, il 17 ottobre, nella seduta al Senato in cui il Governo ha preteso che venisse messo al voto di fiducia il DDL anticorruzione.

Il testo di legge in questione 2156-B stava facendo, nell’Aula del Senato, il suo ordinario corso parlamentare. Inutile disquisire oggi sul quanto e sul perché il DDL era, e rimane, discutibile su parecchi punti. Il dibattito in Aula era aperto, franco, se vogliamo anche trasparente (per come possa essere trasparente la nostra attuale attività parlamentare).

Si è arrivati al voto di fiducia sulla base di una serie di proclamazioni ministeriali da candido giglio io sono in questo prato di ortiche:  “l’anticorruzione deve passare”, “è il Paese che lo vuole”, “dobbiamo liberarci dai corrotti”, “noi siamo il Governo degli Onesti” ….

Il nuovo testo presentato dal Governo per la fiducia avrebbe dovuto riportare, soltanto, una modifica riguardante i magistrati. Si sapeva.

Per il resto, il trasferimento dei 27 articoli del DDL 2156-B in un emendamento ad articolo unico con 83 commi era giustificato da meri motivi logistici, l’usuale necessità di voto di fiducia unitario.

La seduta del 17 si chiude con l’ottenimento della fiducia. Il Governo degli Onesti esulta e il Ministro della Giustizia dichiara in una intervista ad un noto quotidiano: “Il Paese sarebbe molto più grato se venisse informato correttamente sui contenuti della legge”.

Bene. E’ vero. Ha ragione il Ministro. La sua osservazione non fa una grinza. Ed io l’ho fatto sul serio … di informarmi correttamente intendo. E l’ho fatto con tale scrupolo ed attenzione che oggi – dopo avere scoperto quello che dirò da qui a poco – sento il dovere di trasferire queste mie informazioni a chi, più o meno per caso, si trovi a passare da queste pagine.

Ebbene, sappia questo mio ideale Lettore, che il Governo degli Onesti, nella seduta del 17 ottobre, ha fatto qualcosa di … si può dire scandaloso?: introdurre di soppiatto – ben sapendo che nessuno dei presenti si sarebbe dato peso di leggere virgola per virgola il testo emendato (non lo fanno “in tempo di pace”, figuriamoci in un voto di fiducia …) – la modifica sostanziale dell’unico reato societario sopravissuto alla scure distruttrice di ministri e parlamentari filo-banchieri. Una modifica in direzione sfacciatamente antitetica alla tanto sbandierata volontà anticorruttiva!

Ed invero, inaudito a credersi: il reato di “corruzione tra privati”  ex art. 2635 c.c. – l’unico reato societario che avrebbe potuto consentire un minimo di censura sugli inciuci societari finalizzati a condotte corruttive – è diventato procedibile a querela !!!

Non lo era nel testo in discussione. Non era stato pensato o proposto in tal senso neanche dai pigri Senatori votanti (né di destra, né di sinistra, né di centro). Lo è diventato con un preciso colpo di mano del Governo degli Onesti.

Cosa vuol dire? Cosa comporta? Cosa rileva?

Vuol dire azzerare tout court l’efficacia del neo art. 2635 c.c., neutralizzarlo alla nascita,   farlo diventare aria bollita mista ad aria fritta.

Vuol dire buttare fumo di evidente sapore demagogico.

Si impongono alcune elementari spiegazioni tecniche per i non addetti ai lavori.

L’art. 2635 c.c. prevede un reato già esistente nel nostro codice civile, che riporta la rubrica  Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità”.

Questo è il testo della disposizione attualmente in vigore: “Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari , i sindaci e i liquidatori, i quali, a seguito della dazione o della promessa di utilità, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio, cagionando nocumento alla società, sono puniti con la reclusione sino a tre anni. La stessa pena si applica a chi dà o promette l’utilità. La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Si procede a querela della persona offesa”.

A tale norma è stata sempre contestata la procedibilità a querela della persona offesa.

Si ricorda che un reato è procedibile a querela, e non d’ufficio, quando la punizione del colpevole viene sostanzialmente devoluta alla volontà del privato. Caso scolastico il reato di ingiuria, in cui lo Stato ritiene opportuno fare un passo indietro e lasciare che sia il diretto ingiuriato a decidere se esercitare o meno l’azione penale.

Alcuni reati possono essere, contemporaneamente, “procedibili a querela” e “procedibili d’ufficio“ ove si riconosca la necessità di fare intervenire il potere Statuale in alcuni momenti cruciali. A titolo di esempio: la “violazione degli obblighi di assistenza familiare” ex art. 570 c.p. è procedibile a querela di parte, a meno che vi siano figli minori, nel qual caso scatta la procedibilità d’ufficio.

Ad ulteriore chiarimento: la querela è un atto squisitamente di parte privata; è rinunciabile; è rimettibile (ossia ritirabile) su libera scelta del privato, anche condizionata da un congruo risarcimento economico; è esperibile solo entro tre mesi dal fatto o dalla conoscenza del fatto.

Ove un reato sia procedibile a querela, l’Autorità Giudiziaria – oltre a doversi astenere dal procedere autonomamente – nel caso in cui l’azione penale sia stata iniziata su sollecitazione del privato e questi decida in corso di causa di rimettere la querela, dovrà obbligatoriamente ed immediatamente emettere una sentenza dichiarativa di improcedibilità (ex art. 129 c.p.p.).

Il meccanismo della procedibilità a querela rende talmente nulla la salvaguardia della società civile, da essere stato tradizionalmente riservato a quei soli reati che interessano il singolo ed i suoi personali interessi.

Ritornando all’art. 2635 c.c., abbiamo detto che lo stesso rientra nel novero dei reati societari regolati dal nostro codice civile. Ma non abbiamo ancora detto che i reati societari sono stati quelli oggetto di una delle più devastanti riforme giuridiche dei nostri passati governi, v. quella del D.Lgs. 11.4.2002 n. 61.

Con la predetta riforma è stata disposta una modifica di quasi tutte le fattispecie criminose societarie e il loro mutamento da delitti a contravvenzioni, da reati procedibili d’ufficio a reati procedibili a querela.

Si pensi, ad esempio, che il reato di “false comunicazioni” ex art. 2621 c.c. (meglio noto come “falso in bilancio”) nel 2002 è passato da delitto punito con “reclusione da uno a cinque anni” a contravvenzione.

Ancora: le nuove false comunicazioni in danno dei soci, ex art. 2622 c.c., sono diventate punibili a querela di parte. E come se non bastasse: in tutti i nuovi reati è stata inserita una griglia fittissima di soglie di non punibilità di vario tipo.

In buona sostanza, la riforma del 2002 ha decretato la sostanziale morte processuale dei reati societari. A tutti noto come la stessa riforma – la cui conseguenza immediata è stata di lasciare a briglie sciolte decine di migliaia di faccendieri delle società disoneste – sia tra quelle che, nell’ultimo decennio, ha causato maggiori danni alla collettività, ai risparmiatori ed ai lavoratori.

Sotto gli occhi di tutti le lacrime amare che stiamo versando per la gravissima scelleratezza di banchieri ed imprenditori spregiudicati …

Nel “nostro” DDL anticorruzione il succitato reato di Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilitàha, innanzitutto, cambiato nome diventando “Corruzione tra privati”.

…. ma può forse interessare a qualcuno che un reato si chiami Angelo anziché Giovanni?….

Sul piano sostanziale, la nuova corruzione tra privati è rimasta, invece, sostanzialmente uguale alla vecchia infedeltà. La pena è stata solo formalmente aumentata nel minimo, non più “libero” ma a partire da un anno: quisquilie nella logica dell’efficacia di una fattispecie criminosa ….

L’unica cosa realmente importante era fare diventare il reato procedibile d’ufficio.

Non ci si crederà ma, la Camera dei Deputati prima con l’approvazione del DDL 4434, il Senato dopo con l’assenza di censure nel corso del dibattito sul DDL 2156-B, avevano in realtà ingoiato il rospo e di fatto restituito allo Stato la potestà punitiva su tale reato.

E’ solo oggi che il Governo degli Onesti ha restituito a banchieri ed imprenditori il diritto di potere decidere liberamente sulle loro malefatte e la loro impunità !!!

Ci spiegheranno, un giorno, il Ministro Severino e il Ministro Patroni Griffi – entrambi presenti alla seduta del Senato del 17 ottobre – chi possa concretamente presentare una querela nella nuova “corruzione tra privati”.

Di certo, potrebbe essere solo una persona offesa legata alla società in cui è stato commesso il reato societario; un reato che comunque, per essere tale, dovrebbe cagionare un “nocumento alla società” (evenienza esclusa per tabulas nelle corruzioni tese, in termini esattamente opposti, a produrre ingiusti vantaggi alla società).

Il mondo civile esterno – Pubblici Ministeri, lavoratori, fornitori, risparmiatori, consumatori, gente comune, e l’elenco sarebbe chilometrico – rimane fuori … inerte e a braccia conserte …. come si dice dalle mie parti cornuto e mazziato.

A meno che, qualcuno riesca a dimostrare che dal fatto di reato – e quindi dalla condotta che ha causato il “nocumento alla società” – sia anche derivata “una distorsione della concorrenza nell’acquisizione di beni o servizi”.

Non chiedetemi come, dove e quando dovrebbe scattare tale fantomatica “distorsione” perché non so dare risposta.

E’ un’ esegesi giuridica a me sconosciuta ….

 

Attendiamo informazioni corrette dal Ministro Severino.

 

 

 

Si allegano:

testo dell’articolo in discussione al Senato

testo dell’emendamento presentato per la fiducia

resoconto della seduta in Aula di giorno 17

Franzina Bilardo

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