Il Codice dell’inquietudine

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Lunedì 14 maggio 2012 sulla prima pagina de “Il Sole 24 Ore” campeggiava la scritta “Appalti, una stretta sulle regole”. Non ricordavo un titolone del genere che riporta agli alti onori della cronaca una disciplina in costante e tumultuosa trasformazione definita da alcuni analisti riforma – spezzatino.

Nell’attesa delle nuove direttive sugli appalti, previste per fine anno, ci si interroga sulle recenti modifiche ed in particolare alla quelle introdotti con l’ormai guest star Spending Review che ha di nuovo cambiato la disposizione della casa o degli oggetti.

Ebbene, senza voler entrare, in questa sede, nel merito delle iniziative adottate dal Governo, l’auspicio è che si giunga quanto prima ad una normativa che non sia un temporaneo ritocco ma un reale avvio di un cambiamento copernicano. La materia degli appalti è una materia di notevole importanza che condiziona l’intero sistema che etimologicamente viene anche definito aggregato di parti, di cui ciascuna può esistere isolatamente, ma che dipendono le une dalle altre secondo leggi e regole fisse, e tendono a un medesimo fine

E’ del tutto evidente che la mutevole immobilità non permette di arrivare “sano e lontano” verso il reale punto di partenza: ovvero le condizioni di svolgimento di una gara secondo i Comandamenti della Trasparenza, della Legittimità e del concetto di economicamente vantaggioso non per alcuni, ma per la collettività. Qualunque essa sia.

«La chiave della crescita non è quanto ma come si spende». Così rammentava il ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa in una bella intervista al Corsera. E allora, si aggiungeva, occorre «spendere meglio» introducendo il concetto anglosassone di spending review, vale a dire analisi e valutazione della spesa in virtù dell’italica assenza della cultura del «rendere conto».

Questa prerogativa italiana del non rendere conto ci fa continuamente prendere lezioni dal resto del mondo , ma oggi più che mai da un’Europa in cerca di identità.

Basteranno le nuove direttive europee a “calmierare” il sistema o è soltanto un prozac per fronteggiare lo stato di ansia di una materia che non trova pace o la giusta cura?

Come in medicina è il ripetersi dei sintomi la chiave di tutto. E’ dunque necessario non soltanto un attento studio dei sintomi, ma soprattutto puntare la nuova regolamentazione sul momento della prevenzione intervenendo non da “allegri chirurghi” ma da “medici” responsabili per debellare gli effetti devastanti di un sistema malato.

Per affrontare queste sfide – si afferma nella proposta di direttiva europea – è necessario rivedere e ammodernare la normativa in vigore in materia di appalti pubblici per renderla più idonea alla costante evoluzione del contesto politico, sociale ed economico.

In questo è significativo il punto nel quale parlando di “procedure corrette” si sottolinea che gli interessi finanziari in gioco e l’interazione tra il settore pubblico e quello privato fanno degli appalti pubblici un settore in cui è particolarmente elevato il rischio di prassi commerciali scorrette, come conflitti di interessi, favoritismi e corruzione. La proposta rafforza le garanzie esistenti contro tali rischi e prevede ulteriori tutele, soffermandosi sui comportamenti illeciti e gli indebiti vantaggi.

Come puntualmente affermava l’insigne giurista Federico Spantigati “il dover essere descritto da una regola richiede il potere di far seguire la regola anche a chi «va storto». Regola per essere tecnicamente precisi è diversa da norma o almeno tale è il loro significato originario, perché la norma si adatta al caso, mentre la regola è inflessibile”.

Se anche il tormentato piano anticorruzione non metterà la parola fine agli equivoci di regole che aumentano e cambiano continuamente, ai giudici l’ardua sentenza.

Antonio Capitano

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