Guida in stato di ebbrezza: ecco i 3 nuovi reati. Cosa si rischia?

La Suprema Corte in questo periodo ha emesso alcune sentenze la quali hanno affrontato tre fattispecie diverse di reato previsto dall’art. 186 Codice della Strada.

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Nella prima sentenza si è discusso sull’accertamento ematico effettuato a distanza di tempo e se lo stesso è da ritenersi valido.

Nella successiva gli Ermellini hanno sentenziato sulla mancata verifica dell’ etilometro non inficia l’ utilizzabilità delle prove, mentre, nella terza, gli stessi giudici hanno sentenziato sulla particolare tenuità del fatto è sempre esclusa dalle aggravanti.

Ma vediamo con ordine le tre fattispecie di reato.

Accertamento ematico effettuato a distanza di tempo

Come si legge nella sentenza 21 giugno 2016, n. 25706, i giudici con motivazione congrua e aderente a criteri di logicità, la Corte di merito ha argomentato che, pur a fronte della distanza temporale intercorsa fra il sinistro e il prelievo eseguito sul conducente, è in primo luogo da escludere che egli possa avere assunto successivamente all’incidente, essendo egli stato ricoverato subito in ospedale; inoltre, il dato alcolimetrico (in sé assai eloquente) si salda con gli elementi sintomatici derivanti dalla puntuale descrizione dell’incidente suddetto fornita nella motivazione della sentenza impugnata, che depongono per una condotta alla guida altamente sconsiderata da parte dell’odierno esponente, sicuramente dovuta alle sue condizioni di alterazione.

In aggiunta ai detti elementi sintomatici, ricavati dal comportamento alla guida dell’odierno ricorrente, è stato debitamente considerato il superamento della soglia di rilevanza penale, assai ampio in relazione al tasso alcolemico riscontrato, ma in ogni caso valutato dalla Corte territoriale nella sua oggettività, con conseguente qualificazione del fatto ex art. 186, comma 2, lettera b), Cod. Strada.

Si deve aggiungere che all’art. 186, comma 5, del C.d.S., prevede: “ Per i conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche, l’accertamento del tasso alcoolemico viene effettuato, su richiesta degli organi di Polizia stradale di cui all’articolo 12, commi 1 e 2, da parte delle strutture sanitarie di base o di quelle accreditate o comunque a tali fini equiparate. Le strutture sanitarie rilasciano agli organi di Polizia stradale la relativa certificazione, estesa alla prognosi delle lesioni accertate, assicurando il rispetto della riservatezza dei dati in base alle vigenti disposizioni di legge. Copia della certificazione di cui al periodo precedente deve essere tempestivamente trasmessa, a cura dell’organo di polizia che ha proceduto agli accertamenti, al prefetto del luogo della commessa violazione per gli eventuali provvedimenti di competenza. I fondi necessari per l’espletamento degli accertamenti di cui al presente comma sono reperiti nell’ambito dei fondi destinati al Piano nazionale della sicurezza stradale di cui all’articolo 32 della legge 17 maggio 1999, n. 144. Si applicano le disposizioni del comma 5-bis dell’articolo 187.”

Un passaggio interessante sotto l’aspetto giurisprudenziale, sempre della medesima sentenza, è questo. “Ma soprattutto va aggiunto che, secondo la giurisprudenza di legittimità, nel caso di guida in stato d’ebbrezza aggravato dall’aver provocato un incidente, è legittima la rilevazione strumentale del tasso alcolennico (quale che ne sia la metodologia: prelievo ematico ovvero accertamento etilometrico), anche a distanza di qualche ora dall’evento, alla duplice condizione che venga stabilita un’apprezzabile connessione tra incidente stradale e condotta del conducente e che non vi sia soluzione di continuità tra l’incidente ed il materiale reperimento del soggetto da sottoporre ad esame (Sez. 6, Sentenza n. 35594 del 16/06/2015, Morotti, Rv. 264665): condizioni che, come convenientemente sottolineato nell’impugnata pronunzia, sussistevano entrambe nel caso di specie”.

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Mancata verifica dell’etilometro non inficia l’utilizzabilità delle prove

Nella sentenza 21 giugno 2016, n. 25704, gli Ermellini, hanno giudicato sul difetto di funzionamento dell’etilometro, il quale deve essere provato dall’imputato, anche se l’apparecchio non è stato sottoposto a revisione.

Innanzitutto, l’art. 186 del codice della strada, ai commi 3 e 4 così recita:

  1. Al fine di acquisire elementi utili per motivare l’obbligo di sottoposizione agli accertamenti di cui al comma 4, gli organi di Polizia stradale di cui all’articolo 12, commi 1 e 2, secondo le direttive fornite dal Ministero dell’interno, nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l’integrità fisica, possono sottoporre i conducenti ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili.
  2. Quando gli accertamenti qualitativi di cui al comma 3 hanno dato esito positivo, in ogni caso d’incidente ovvero quando si abbia altrimenti motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi in stato di alterazione psicofisica derivante dall’influenza dell’alcool, gli organi di Polizia stradale di cui all’articolo 12, commi 1 e 2, anche accompagnandolo presso il più vicino ufficio o comando, hanno la facoltà di effettuare l’accertamento con strumenti e procedure determinati dal regolamento

Inoltre, nel dettato di cui all’art. 379. Regolamento di Attuazione (D.P.R. 495/92), Guida sotto l’influenza dell’alcool, è previsto che l’accertamento dello stato di ebbrezza ai sensi dell’articolo 186, comma 4, del Codice, si effettua mediante l’analisi dell’aria alveolare espirata: qualora, in base al valore della concentrazione di alcool nell’aria alveolare espirata, la concentrazione alcoolemica corrisponda o superi 0,5 grammi per litro (g/l), il soggetto viene ritenuto in stato di ebbrezza.

La concentrazione alcolica dovrà risultare da almeno due determinazioni concordanti effettuate ad un intervallo di tempo di 5 minuti.

L’apparecchio mediante il quale viene effettuata la misura della concentrazione alcoolica nell’aria espirata è denominato etilometro. Esso, oltre a visualizzare i risultati delle misurazioni e dei controlli propri dell’apparecchio stesso, deve anche, mediante apposita stampante, fornire la corrispondente prova documentale.

Gli etilometri devono rispondere ai requisiti stabiliti con disciplinare tecnico approvato con decreto del ministro dei Trasporti e della Navigazione di concerto con il ministro della Sanità. I requisiti possono essere aggiornati con provvedimento degli stessi ministri, quando particolari circostanze o modificazioni di carattere tecnico lo esigano.

Gli etilometri in uso devono essere sottoposti a verifiche di prova dal Csrpad secondo i tempi e le modalità stabilite dal ministero dei Trasporti e della Navigazione, di concerto con il ministero della Sanità. In caso di esito negativo delle verifiche e prove, l’etilometro è ritirato dall’uso.

Le motivazioni adottate nella sentenza sono:

  1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, perché manifestamente infondato.

E’ ius receptum che, in tema di guida in stato di ebbrezza, l’esito positivo dell’alcoltest costituisce prova della sussistenza dello stato di ebbrezza; non solo è onere dell’imputato fornire eventualmente la prova contraria a tale accertamento dimostrando vizi od errori di strumentazione o di metodo nell’esecuzione dell’aspirazione, non essendo sufficiente la mera allegazione della sussistenza di difetti o della mancata omologazione dell’apparecchio; ma, oltre a ciò, l’art. 379 Reg. esec. Cod. strada si limita ad indicare le verifiche alle quali gli etilometri devono essere sottoposti per poter essere adoperati ed omologati, ma non prevede alcun divieto la cui violazione determini l’inutilizzabilità delle prove acquisite (Sez. 4, n. 17463 del 24/03/2011, Neri, Rv. 250324). Perciò, a nulla rileva il fatto, dedotto dal ricorrente a sostegno del motivo, che in base al verbale di accertamenti urgenti del 4 aprile 2010 risulterebbe che l’apparecchio usato per la rilevazione eseguita sullo stesso non sarebbe stato sottoposto a revisione periodica.

  1. Parimenti inammissibile per manifesta infondatezza è il secondo motivo di ricorso, nella parte in cui esso contesta l’accertamento delle condizioni d’ebbrezza dell’imputato. Al di là delle argomentazioni ulteriormente spese dalla Corte di merito per spiegare lo stato d’ebbrezza dello stesso, risultano accertati sia il superamento della soglia di rilevanza penale (attraverso una rilevazione strumentale che, lungi dall’essere invalida, risulta per quanto già detto pienamente utilizzabile), sia l’elemento sintomatico costituito dall’alito vinoso, quali che siano le modalità d’assunzione di alcolici da parte dello stesso prima di mettersi alla guida: è del resto costante la giurisprudenza nell’affermare che fini della prova della sussistenza dello stato di ebbrezza del conducente di autoveicoli, non è necessario che l’accertamento strumentale effettuato mediante l’etilometro trovi conferma anche in dati sintomatici riguardanti il comportamento del soggetto interessato. Gli artt.186 del codice della strada e 379 del relativo regolamento richiedono, infatti, soltanto che l’accertamento tecnico venga eseguito con le modalità prescritte e che la concentrazione alcoolemica, superiore al limite massimo consentito, risulti da almeno due determinazioni concordanti effettuate ad intervalli di tempo di cinque minuti (Sez. 4, n. 41846 del 29/09/2009, Miccoli, Rv. 245788).

Particolare tenuità del fatto è sempre esclusa dalle aggravanti

Nella sentenza 21 giugno 2016, n. 25699, i giudici hanno affrontato l’ipotesi di reato di stato di ebbrezza nella fascia oraria notturna. L’aggravante in questione (reato commesso dopo le ore 22 e prima delle ore 7) denota un elevato grado di colpa nella condotta del reo e pertanto contrasta con lo spirito dell’istituto di favor introdotto con D.lgs. 16 marzo 2015, n. 28.

Prima di analizzare la sentenza, il codice della strada all’art. 186 commi 2 sexies e 2 septies, prevede:

2-sexies. L’ammenda prevista dal comma 2 è aumentata da un terzo alla metà quando il reato è commesso dopo le ore 22 e prima delle ore 7.

2-septies. Le circostanze attenuanti concorrenti con l’aggravante di cui al comma 2-sexies non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa. Le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alla predetta aggravante.

Il caso in esame vede un accertamento in stato di ebbrezza conseguente all’uso di sostanze alcoliche, evidenziata, oltre che alitosi da alcool, da due prove effettuate con etilometro dalla P.G. operante, da cui risultavano valori di concentrazione dell’alcool pari a 1,70 g/L ed a 1,66 g/L. Con l’aggravante dell’avere commesso il fatto in orario compreso tra le 22.00 e le 7.00.

I giudici della Corte di Cassazione, hanno deliberato che sebbene, quindi, la causa di non punibilità per la “particolare tenuità del fatto” possa essere applicata anche agli illeciti penali definiti anche attraverso la tecnica delle soglie di punibilità, qual è la contravvenzione di guida in stato di ebbrezza alcolica, nella specie non ne sussistono i presupposti. In vero, emergono dagli atti elementi che attestano una condivisibile valutazione del giudice nel senso di una non particolare tenuità del fatto. Nella specie, infatti, è contestata la contravvenzione di cui all’articolo 186, comma 2, lettera c), del codice della strada, essendosi apprezzato il tasso alcolernico di 1,70 g/I alla prima prova e di 1,66 g/I alla seconda prova, ossia valori non proprio prossimi alla soglia della fascia di minore gravità. Per quanto riguarda, poi, le modalità della condotta è evidente che il richiamo ai criteri di cui all’art. 133, comma 1, c.p., consente di prendere in considerazione, ai fini del giudizio di irrilevanza, anche l’elemento soggettivo del reato e, segnatamente, il grado della colpa (sez. 3, n. 47039 dell’08/10/2015).

Nel caso che occupa, contestualizzata la condotta dell’imputato, deve ritenersi sussistente un cospicuo grado della colpa oltre che – come detto in sentenza di merito- dell’aggravante dell’orario notturno “circostanze che, nel complesso, hanno semmai esaltato i profili di pericolosità insiti nella condotta”, alla stregua dei parametri di valutazione previsti dall’art.133, comma 1, c.p. e in particolare di quelli indicati ai numeri 2) e 3) del comma citato. Ne deriva che va esclusa l’applicabilità dell’istituto di cui all’art. 131-bis c.p., posto che dalla motivazione delle sentenze di merito emergono elementi, quali la gravità del pericolo e (come sopra detto) un cospicuo grado della colpa, chiaramente indicativi di un apprezzamento sulla gravità dei fatti addebitati che consentono di ritenere non configurabili i presupposti per la richiesta di applicazione dell’istituto in parola (sez. 4, n.44136 del 27/10/2015; sez. 3, n. 15449 del 08/04/2015).

Per tutte e tre le fattispecie, i Giudici della quarta sezione penale della Corte di Cassazione hanno rigettato, ovvero dichiarato inammissibili, i ricorsi presentati da rispettivi conducenti, confermando il reato di “guida sotto l’influenza dell’alcool”, previsto e disciplinato dall’art.186 C.d.S.

Redazione MotoriOggi

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