Governare l’economia 4.0: robot economy e digitalizzazione

Redazione 22/05/19
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Se da un lato le nuove tecnologie creano posti di lavoro attraverso molteplici meccanismi, tali per cui gli aumenti della produttività riflettono effetti positivi sull’economia in generale, dall’altro queste trasformazioni possono richiedere adeguamenti significativi mettendo a rischio posti di lavoro sia in un settore rilevante dell’economia sia in diversi settori contemporaneamente. Secondo il rapporto Ocse “The Next Production Revolution”, le istituzioni devono monitorare e gestire attentamente gli adeguamenti, ad esempio, con politiche di lungo periodo in materia di competenze, di mobilità della forza lavoro e di sviluppo regionale.

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ROBOT ECONOMY: SCENARIO SULLA TRASFORMAZIONE DIGITALE

Non si conoscono la velocità e l’entità degli adeguamenti futuri ma avranno maggior successo i paesi che riusciranno ad adottare politiche orientate al futuro, con istituzioni funzionanti, con cittadini più istruiti e informati e con capacità tecnologiche essenziali in diversi settori. Quindi i fattori chiave sono: produttività e cambiamenti del mercato del lavoro, diffusione della conoscenza, delle tecnologie e delle competenze, investimenti nei dati e nella scienza, e fiducia e riflessione di lungo periodo.

Il progresso tecnologico trasformerà inevitabilmente l’industria odierna, e le aziende attualmente presenti sul mercato saranno messe a dura prova dal rapido sviluppo delle nuove tecnologie di produzione (dall’ICT, alla robotica, ai nuovi materiali e all’IA) che porteranno a ridefinire i termini del vantaggio competitivo, e consentiranno sempre più sicurezza sul lavoro, una produzione più ecologica, prodotti e servizi innovativi e personalizzati, e una crescita più rapida della produttività.

I principali indicatori su eCommerce ed eBusiness del Digital Agenda Scoreboard, elaborati dalla Commissione Europea, mettono in evidenza uno scenario dove la diffusione delle tecnologie digitali risulta ancora fortemente limitata in Italia. In termini di commercio online, considerando la percentuale di popolazione che fa acquisti online, l’Italia si posiziona 26° con il 35,6% nel 2018 (rispetto alla media UE del 59,5%), la percentuale di imprese che vendono online vede l’Italia in 27° posizione con il 10% (rispetto alla media UE del 17,2%), e per fatturato da e-commerce si posiziona 23° con il 10,7% delle imprese (rispetto alla media UE del 17,4%). Per quanto riguarda l’e-business, si registra che la percentuale di imprese che hanno un sito web è del 71,4% (l’Italia è in 21° posizione) contro il 77,1% dell’UE, la percentuale di imprese che fanno l’analisi dei big data è del 7,1% (l’Italia in 24° posizione) contro il 12,3% dell’UE e per imprese ad alta digitalizzazione si posiziona solo 22° con il 13,9% contro il 18% dell’UE.

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Fonte: Commissione Europea (https://digital-agenda-data.eu)

ROBOT ECONOMY: DATI E INDICAZIONI DELLA COMMISSIONE EUROPEA SULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Nella comunicazione della Commissione Europea sull’Intelligenza Artificiale per l’Europa si osserva come l’aumento della potenza di calcolo, della disponibilità dei dati e il progresso negli algoritmi hanno reso l’Intelligenza Artificiale una delle tecnologie digitali più strategiche del 21° secolo. Di fronte ad una forte concorrenza mondiale, è necessario un solido quadro di riferimento europeo. L’UE può assumere un ruolo guida nello sviluppo e nell’impiego dell’IA, sulla base dei propri punti di forza e può avvalersi dei seguenti elementi:

  • grandi volumi di dati dei settori industriale, della ricerca e settore pubblico. Rendere disponibili per il riutilizzo volumi maggiori di dati per alimentare i sistemi di IA;
  • ricercatori, laboratori e imprese start-up di livello mondiale. L’UE è in ottima posizione anche nella robotica con industrie all’avanguardia nel mondo nell’adozione dell’IA;
  • il mercato unico digitale. Norme comuni, ad esempio in materia di protezione dei dati e libera circolazione dei dati nell’UE, sicurezza informatica e connettività, aiutano le società ad operare, a crescere a livello transnazionale e incoraggiano gli investimenti.

Il governo degli Stati Uniti ha presentato una strategia di IA e ha investito circa 970 milioni di EUR in ricerche di IA. Con il suo “Piano di sviluppo dell’intelligenza artificiale di prossima generazione”, la Cina mira alla leadership mondiale entro il 2030 e sta effettuando massicci investimenti. Anche altri paesi come il Giappone e il Canada hanno adottato strategie di IA.

Nel complesso l’Europa è in ritardo negli investimenti privati in IA, che hanno raggiunto circa 2,4-3,2 miliardi di EUR nel 2016 (le stime per il 2017 salgono a 4-5 miliardi e l’obiettivo è di portare gli investimenti fino ad almeno 20 miliardi di EUR entro la fine del 2020), rispetto a 6,5-9,7 miliardi di EUR in Asia e 12,1-18,6 miliardi di EUR in America del Nord. Una dalle sfide principali per la competitività dell’UE è garantire l’adozione della tecnologia dell’IA in tutta la sua economia e creare un ambiente che stimoli gli investimenti e lo sviluppo dell’industria europea.

Tra le piccole e medie imprese europee solo una piccola parte ha già adottato le tecnologie digitali. Nel 2017 il 25% delle imprese di grandi dimensioni e il 10% delle piccole e medie imprese dell’UE applicava l’analisi di big data. Solo una su cinque tra le piccole e medie imprese risultava altamente digitalizzata, e un terzo della forza lavoro non possiede ancora competenze digitali di base. L’IA sta cambiando la natura del lavoro, alcuni tipi di lavoro saranno creati, altri spariranno, la maggior parte subirà una trasformazione.

In uno studio dell’Ocse di aprile 2018, si stima che più di 66 milioni di posti di lavoro sono a rischio in tutto il mondo con l’introduzione dell’automazione, dell’intelligenza artificiale e dei robot. Nello studio, in particolare, viene considerato a rischio il 14% dei posti di lavoro considerati “altamente automatizzabili” (tra cui quelli in fabbrica, ovviamente, con l’industria 4.0, ma anche in agricoltura e nel terziario), mentre il 32% affronterà una importante trasformazione nelle mansioni e nelle competenze richieste per effetto della robotica (Per approfondimenti).

L’Europa può contare su un settore industriale forte e possiede un primato nella robotica. Produce più di un quarto dei robot industriali e dedicati ai servizi professionali nel mondo (per esempio per l’agricoltura di precisione, la sicurezza, la salute, la logistica) ed è all’avanguardia nelle tecnologie manifatturiere, sanitarie, dei trasporti e spaziali, che fanno sempre più affidamento sull’IA.

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ROBOT ECONOMY: CARATTERISTICHE DEL SETTORE MACCHINARI E ROBOT INDUSTRIALI

Secondo l’indagine Eurostat sull’utilizzo della robotica, pubblicata a gennaio 2019, il 7% delle imprese europee con almeno 10 addetti nel 2018 ha utilizzato robot industriali o di servizio. Le percentuali maggiori di imprese che hanno utilizzato robot industriali o di servizio si sono registrate in Spagna (11%), Danimarca e Finlandia (entrambe al 10%) e in Italia (9%), paesi che quindi hanno cominciato ad affrontare la quarta rivoluzione industriale (non sono disponibili le statistiche per Germania e Francia; fonte dati).

La transizione verso il digitale viene trainata sono soprattutto dalle grandi imprese. Infatti hanno utilizzato i robot il 25% delle grandi imprese (che impiegano 250 o più addetti), la metà circa il 12% le medie imprese (impiegano da 50 a 249 addetti) e il 5% le piccole imprese (impiegano da 10 a 49 addetti).

Le imprese utilizzano più comunemente robot industriali (5%) rispetto ai robot di servizio (2%). Per quanto riguarda la tipologia di utilizzo si registra che:

  • i robot industriali sono più frequentemente utilizzati nel settore manifatturiero (16%) e robot di servizio nella produzione e nel commercio al dettaglio (entrambi al 4%).
  • i robot di servizio principalmente utilizzati per i sistemi di gestione del magazzino (il 44% delle imprese che utilizzavano robot di servizio), seguite dal trasporto di persone o merci (22%), dalle attività di pulizia o smaltimento dei rifiuti e dai lavori di assemblaggio (21% ciascuna).

Per meglio capire il ruolo svolto dalle PMI e dalle grandi imprese del comparto macchinari e robot industriali nell’economia italiana esaminiamo di seguito la struttura produttiva per classe di addetti confrontandola con i principali paesi europei (dati disponibili su BlogDataOfficer).

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Sulla base dei dati strutturali relativi al 2017, pubblicati da Eurostat, si osserva l’importanza del comparto nel sistema economico manifatturiero, in particolare, che le imprese totali italiane del comparto macchinari e robot industriali, circa 22 mila, rappresentano circa il 5% sul totale imprese manifatturiere (circa 390 mila), incidono per il 15,5% sul totale valore aggiunto manifatturiero e per il 12% sull’occupazione manifatturiera.

Analizzando la struttura produttiva per classi dimensionali del comparto emerge che le PMI italiane di macchinari e robot industriali, che rappresentano più del 99% del totale imprese del comparto, hanno generato una quota di valore aggiunto del 68% contro una media UE del 44%, con un peso occupazionale del 73,5% rispetto alla media UE di 53,3%. La Spagna presenta una struttura simile per le PMI di macchinari e robot industriali, fornendo il 64,7% del valore aggiunto e il 74,4% dell’occupazione complessiva. In Francia, dove le PMI del comparto considerato incidono per il 97,6%, hanno generato il 49,7% di valore aggiunto con un peso occupazionale del 54,4%.

In Germania invece le PMI rappresentano circa il 95%, e si osservano valori al di sotto della media UE con una quota di valore aggiunto del 31,7% e con un’occupazione del 39,7%, mentre le grandi imprese tedesche hanno valori al di sopra della media UE generando una quota di valore aggiunto del 68,3% con un peso occupazionale del 60,3%.

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