Gli obblighi del provider di telecomunicazione dinanzi ai titolari dei diritti d’autore

Ius On line 20/12/11
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Tribunale di Roma, 14 luglio 2007

Parti: XXX-YYY c. ZZZ

FATTO

Con ricorso ex art. 700 c.p.c. le società ricorrenti hanno domandato al Tribunale di Roma di ordinare al provider di rendere noti i dati anagrafici necessari per permettere l’identificazione dei soggetti ritenuti responsabili di aver messo a disposizione su Internet, attraverso l’utilizzo di una rete peer to peer, alcune opere musicali in assenza dell’autorizzazione dei titolari dei diritti d’autore.

Le società ricorrenti hanno riferito di essere entrate in possesso, attraverso un software generato ad hoc, degli indirizzi IP degli utenti che avevano condiviso abusivamente le menzionate opere musicali oltre che le informazioni concernenti la data e l’orario delle loro connessioni.

Sulla base di tali premesse, soltanto con l’ausilio dell’attività del provider, le società ricorrenti sarebbero state in grado di risalire all’identità dei menzionati utenti.

La domanda cautelare in commento si fonda sulle disposizioni di cui all’art. 156-bis della Legge sul diritto d’autore secondo cui il giudice può ordinare l’esibizione di documenti e/o elementi utili per permettere l’identificazione di soggetti implicati in un’ipotesi violazione delle norme sul diritto d’autore.

DECISIONE

A giudizio del Tribunale di Roma, le disposizioni di cui all’art. 156-bis LDA non sono applicabili alle comunicazioni elettroniche nè ai dati di traffico da queste prodotti. La violazione dei principi generali della segretezza delle comunicazioni elettroniche tra privati e del divieto di trattamento e comunicazione di tali dati può, infatti, essere giustificata “solo per la tutela di valori di rango superiore e che attengono alla difesa di interessi della collettività ovvero alla protezione dei sistemi informatici, di conseguenza l’eccezione al divieto di trattamento dei dati è ristretto a specifiche ipotesi delittuose senza alcun’altra possibilità di estensione a ipotesi diverse da queste”.

Il giudice ha, inoltre, rilevato che i codici IP e GUID degli utenti sono stati raccolti dalle società ricorrenti in maniera illecita, ovvero in assenza dell’autorizzazione del Garante per la privacy e del consenso informato dei diretti interessati.

In tale contesto, a parere del Tribunale di Roma, l’illiceità dell’acquisizione di tali informazioni (codici IP e GUID) osta ad una loro valutazione quali elementi indiziari per azionare gli ordini di esibizione di cui all’art. 156-bis LDA.

Il testo integrale della decisione è disponibile qui

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