Flessibilità pensioni: a 63 anni con almeno 30-35 di contributi

Redazione 23/09/15
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In tema pensioni, sembra sempre più plausibile l’ipotesi secondo cui già nella Legge di Stabilità per il 2016 saranno inclusi capitoli cruciali in materia di previdenza, specie quelli riguardanti la pensione anticipata. Si viene così a delineare  l’opzione del pensionamento anticipato a 63 anni, e almeno 35 o 30 anni di contributi, con penalizzazioni del 3-4%, fino a un massimo del 10-12% per il periodo che manca al raggiungimento della soglia di vecchiaia dei 66 anni, per  tre specifiche categorie di lavoratori: “esodandi” non toccati dalle manovre di salvaguardia già partite, disoccupati over 62 privi di ammortizzatori sociali e donne.

Queste, in sintesi, le linee da inserire nelle legge di Stabilità sulle quali starebbero lavorando i tecnici del Governo per rendere concreta la tanto acclamata flessibilità in uscita, forgiata su quella che appare una sorta di riprogettazione dell’Opzione donna. Il tutto accompagnato da un meccanismo che mira anche alla flessibilità contributiva con l’intento di permettere al datore di versare contributi al lavoratore anche una volta cessato il rapporto di lavoro, e parallelamente favorendo le cosiddette staffette generazionali contro la dilagante disoccupazione.

Resta però il dubbio se l’intero dispositivo in chiave di flessibilità pensionistica trovi realmente sede nella manovra di fine anno o se al contrario vi troveranno spazio soltanto gli interventi più urgenti (donne ed esodati) o semplicemente quelli sul cosiddetto prestito previdenziale (costo quasi zero), per ricorrere poi a un disegno di legge collegato per trovare, in tempi più lunghi e con margini più ampi, le coperture economiche necessarie. Durante l’intera giornata di ieri i tecnici hanno continuato a lavorare alle varie opzioni. Il nodo che resta da sciogliere è proprio quello delle risorse disponibili che, allo stato attuale, sarebbero comprese tra gli 800 milioni e il miliardo di euro.

Per questo motivo è balenata l’ipotesi di un disegno di legge collegato. Una soluzione prospettata sia dal sottosegretario alla Presidenza, Claudio De Vincenti, affermando come sia ancora prematuro ritenere che la flessibilità in uscita confluirà nella legge di Stabilità 2016, sia dal presidente della commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, che ha ribadito come spetti all’Esecutivo valutare o meno se «regolare attraverso una legge delega collegata alla legge di stabilità un primo ma significativo inserimento di regole flessibili nel vigente sistema previdenziale».

Insiste invece sull’immediato inserimento della mobilità in uscita, con penalizzazioni massimo entro il 2%, il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano. Contrario è il sottosegretario all’Economia, leader di Scelta civica, Enrico Zanetti che, in riferimento all’immissione di una flessibilità generalizzata in uscita, parla di «atto suicida», restando comunque a favore di interventi mirati a «chi è senza lavoro e senza pensione». Contro il ricorso a penalizzazioni per le uscite anticipate si schierano Cgil, Cisl e Uil che, sulla flessibilità, continuano a chiedere soluzioni immediate.

L’Esecutivo, contestualmente, sembra voler rendere operativo anche il pacchetto di interventi per contrastare la povertà, avvalendosi, sull’intero territorio nazionale, dello strumento dello Sia (Sostegno per l’inclusione attiva) fino ad ora sperimentato solo in 12 città del Sud. Lo strumento, però, potrebbe essere modificato a fronte di riuscire a garantire un aiuto maggiore ai nuclei al di sotto della fascia di povertà, in cui ci sono dei figli minori.

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