Caso Vajont.info: il provvedimento di sequestro

Redazione 19/02/12
Dopo giorni di ipotesi, conferme e smentite ho, finalmente, avuto l’opportunità di leggere il provvedimento con il quale è stato disposto il sequestro del sito www.vajont.info.

Il dibattito che si è sviluppato nelle scorse ore, rende opportuno condividere alcune informazioni ulteriori sul contenuto del provvedimento in modo da consentire agli addetti ai lavori di discutere di quanto accaduto nel modo più consapevole possibile.

Credo, tuttavia, che la lettura degli atti, sfortunatamente, confermi le peggiori ipotesi sin qui formulate circa l’approssimazione – sotto un profilo informatico-giuridico – con la quale Giudici e Polizia hanno affrontato una questione tanto delicata e complessa come quella della permanenza online dell’informazione.

Cominciamo dal principio.

Il Giudice per le indagini preliminari ha ordinato “il sequestro del sito internet denominato Vajont.info, secondo le modalità che appariranno più opportune al PM competente per l’esecuzione”.

Difficile resistere alla tentazione di domandarsi se sia possibile – e soprattutto ammissibile – che ad oltre un decennio dal primo provvedimento di  “sequestro preventivo” di un sito internet le modalità di attuazione debbano ancora essere rimesse a valutazione completamente discrezionali del PM senza che nessuno si sia preso la briga di individuare un procedimento efficace – ammesso che esista – che garantisca il risultato perseguito e, ad un tempo, il contemperamento dei contrapposti interessi che vengono in rilievo.

Ma andiamo oltre.

Il sequestro è stato disposto – a quanto si legge nel provvedimento – nell’ambito di un procedimento promosso nei confronti di Tiziano Dal Farra, indagato per diffamazione “perché offendeva la reputazione dell’On. Avv. Paniz Maurizio, Deputato del Parlamento italiano, pubblicando e facendo pubblicare sul sito internet www.vajont.info le seguenti espressioni dal contenuto diffamatorio “E SE LA MAFIA è una montagna di merda…i Paniz e gli Scillipoti sono GUIDE ALPINE”.

Il reato, stando a quanto si legge nel provvedimento, si sarebbe consumato “in epoca antecedente e prossima il 19.10.2011, fino all’attualità”.

L’esigenza di adottare il provvedimento troverebbe fondamento secondo il Giudice nella circostanza che “la libera disponibilità e accessibilità del sito possa protrarre o aggravare le conseguenze del reato, poiché chiunque può accedervi e prendere cognizione delle parole diffamatorie sopra riportate nei confronti del Paniz”.

Antecedente e prossima” sono concetti relativi ma se in questa brutta storia esiste una certezza è che la stessa espressione ritenuta diffamatoria è pubblicata sul medesimo sito vajont.info sin dal 2007 ed ha addirittura formato oggetto di precedenti procedimenti penali con analoghi ordini di sequestro.

Possibile che il Giudice abbia effettivamente pensato che disporre nel 2012 il sequestro di un sito sarebbe valso a sottrarre dallo spazio pubblico telematico delle informazioni online dal 2007?

Quelle informazioni, negli ultimi anni, sono state, probabilmente, copiate migliaia di volte su altrettanti siti internet e, oggi, cercare di sottrarle dallo spazio pubblico telematico è utopistico e velleitario.

Ma c’è di più.

Veniamo ora alle modalità di attuazione del sequestro, individuate dal PM e da quelle con le quali la polizia postale lo ha attuato.

Un fax – come è prassi in questi casi – trasmesso a 26 fornitori di servizi di connettività [n.d.r. non è chiaro come selezionati anche perché alcuni appaiono non più in attività] e ad un’associazione di categoria [n.d.r. Assoprovider] – ma non anche all’altra [n.d.r. AIIP] – “con preghiera di inoltrarlo a tutti gli associati”.

Ecco il contenuto del fax: “si trasmette per l’esecuzione l’unito provvedimento di sequestro preventivo del sito internet www.vajont.info dei relativi alias e nomi di dominio presenti e futuri, rinvianti al medesimo sito all’indirizzo IP statico che al momento dell’esecuzione del sequestro risulta associato al predetto nome di dominio ed ad ogni ulteriore indirizzo IP statico che sarà associato in futuro (interdizione alla risoluzione dell’indirizzo mediante dns) emesso in data 31/01/2012, dal Giudice delle indagini preliminari”.

L’espressione della quale si ipotizza il carattere diffamatorio è contenuta in 80 caratteri spazi inclusi.

Il sito internet “denominato Vajont.info” – per dirla con le parole del Giudice – contiene centinaia di migliaia di caratteri e centinaia di migliaia di bit di informazione tra file testuali ed audiovisivi.

Tanto basterebbe per dare il senso dell’abnormità del provvedimento e della palese e totale mancanza di proporzionalità tra l’obiettivo perseguito ed il provvedimento adottato.

Per impedire la diffusione – anche a voler ammettere che si sia trattato di un risultato perseguibile – di 80 caratteri si è disposta la rimozione da uno spazio pubblico di milioni di caratteri e bit di informazioni, documenti ed opinioni.

Come se, per impedire la pubblicazione di un libro, anziché sequestrarne le copie, si sequestrasse l’intera società editrice.

Ma non basta.

Tutti i provider italiani sono pressoché unanimemente d’accordo – e sorprende che Giudici e Polizia continuino ad ignorare tale posizione – che l’esecuzione di un provvedimento come quello emesso dal GIP di Belluno, secondo le modalità individuate dal PM e attuate dalla Polizia, comporterebbe come inesorabile conseguenza quella di rendere inaccessibili, dall’Italia, migliaia di siti internet che nulla hanno a che vedere con la vicenda all’origine del provvedimento medesimo.

Abnormità e sproporzionalità del provvedimento, pertanto, risultano ancora più evidenti ed accentuate: per provare a sottrarre dallo spazio pubblico telematico 80 caratteri, spazi inclusi ritenuti – forse – diffamatori della reputazione di una sola persona, si sottraggono dal medesimo spazio centinaia di milioni di informazione prodotti da milioni di cittadini della comunità globale e destinati ad altrettante persone.

Ogni parola in più sembra inutile.

Come ho già scritto, i sequestri di blog e siti internet – tutti – vanno immediatamente vietati come – e per le stesse ragioni per le quali – i padri costituenti non ebbero esitazioni a vietare ogni sequestro di stampa e stampati.

Una guerra a colpi di sequestri, oscuramenti e censure è un rischio che la Rete non può correre oltre.

Se lo si ritiene utile ed irrinunciabile, si individui un procedimento per la rimozione delle singole espressioni eventualmente ritenute diffamatorie ma guai a dimenticare che, in una società democratica, è meglio che restino online 80 caratteri di informazione illecita, piuttosto che vengano rimossi milioni di carattere di informazione lecita.

Redazione

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