Come abbiamo spiegato nei giorni scorsi, infatti, la candidatura dell’ex sindaco di Salerno a presidente di Regione Campania imbarazzava non poco il Partito democratico, tanto che i suoi esponenti presenti in commissione Antimafia, Rosy Bindi su tutti in qualità di presidente, aveva forse tentato di scongiurare la sua vittoria diramando il famoso elenco dei 16 “impresentabili”. Sforzo vano, dal momento che le urne hanno premiato il condannato De Luca, il quale ora rischia di seriamente di decadere per effetto della normativa Severino.
Dicevamo, però, che al solito le elezioni regionali, meglio ancora se spezzettate come sono andate in scena negli ultimi mesi – a novembre, infatti, si votò per Emilia-Romagna e Calabria – danno fiato alle trombe di un po’ tutti i partiti, che cantano vittoria, o, in alcuni casi, esultano per le disgrazie altrui.
In ogni caso, mettiamo in chiaro che a perdere è stata soprattutto la politica: l’affluenza è stata del 55,4 percento, circa 10 punti in meno dalla precedente chiamata elettorale.
Partito democratico
Perché ha vinto. Nei giorni scorsi, gli spin doctor del Pd hanno diramato una cartina assai esaustiva, in cui si mostra, da una parte, la silhouette della penisola italiana nel dicembre 2013 – cioè il mese dell’insediamento di Renzi come segretario – e quella di oggi: ebbene, se prima le regioni andate al voto erano governate in parità da centrodestra e centrosinistra (6 a 6), oggi invece il computo delle stesse è di 10 a 2. In diverse regioni, poi, il margine dei candidati del Pd è stato schiacciante, si pensi, ad esempio alla Toscana, con la riconferma di Rossi o alla Puglia con una vittoria incontrastata di Emiliano.
Perché ha perso. Il Partito del premier Renzi, però, dall’exploit delle europee di un anno fa, sembra aver perso smalto. Se il dato nazionale su un campione di 7 regioni lascia il tempo che trova, i vertici del Pd farebbero meglio a non sottovalutare il calo di ben due milioni di preferenze nei territori interessati, in parte attribuibile alla bassa partecipazione ma sicuramente un campanello che, se sommato alla sconfitta della Liguria e al caso Campania, non può fare dormire sonni tranquilli al presidente del Consiglio e la sua claque. C’è poi il flop di Alessandra Moretti in Veneto: lì, il renzismo segue le orme di Prodi, Bersani e Veltroni e non sfonda.
MoVimento 5 Stelle
Perché ha vinto. Si è detto molte volte in passato che il partito fondato da Beppe Grillo abbia come tallone d’Achille le consultazioni locali. Invece, questa tendenza è stata in piccola parte smentita dalle buone affermazioni di alcuni candidati in particolare, come Laricchia in Puglia e Maggi nelle Marche che, seppure lontanissimi dai vincitori, hanno comunque superato i candidati del centrodestra, ma soprattutto di Alice Salvatore in Liguria, dove ha addirittura insediato la candidata renziana giunta seconda. C’è poi un dato inoppugnabile: il secondo partito a livello nazionale rimane saldamente il M5S.
Perché ha perso. Al momento, però, il MoVimento 5 Stelle, così come nel Paese, nelle regioni si ritaglia solo dei posto in vista come opposizione. Il salto, forse, è ancora lontano.
Lega Nord
Perché ha vinto. L’affermazione schiacciante di Zaia in Veneto, che ha reso ininfluente lo scisma di Flavio Tosi, ha confermato lo strapotere del Carroccio in quella zona d’Italia. L’alleanza con Forza Italia ha consentito a Giovanni Toti di prendersi la Liguria e alcune percentuali in regioni come Toscana Marche sono incoraggianti per Salvini, ormai lanciatissimo verso la guida della coalizione.
Perché ha perso. Lo sfondamento al sud, sul quale il segretario leghista punta tutte le sue chance di guidare il centrodestra, non è avvenuto. I rapporti con Forza Italia sembrano più tesi che mai: Berlusconi non è tipo da limitarsi a un ruolo da comprimario.
Forza Italia
Perché ha vinto. Nonostante le mille difficoltà, il partito di Berlusconi ha portato a casa una vittoria importante come quella della Liguria, proiettando il partito del Cavaliere – e in generale l’arco storico di centrodestra – come vera alternativa di governo a Renzi. Addirittura, la positiva affermazione in Umbria e il testa a testa Caldoro-De Luca avevano fatto sperare in una vittoria per 4-3, poi svanita.
Perché ha perso. Le percentuali di voti per Forza Italia sono davvero ridotte all’osso, 840mila voti persi e una leadership di coalizione seriamente in pericolo per l’avanzata della Lega.
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