Elezioni politiche 2013, sondaggi: Swg porta Agcom in tribunale

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Ci vediamo in tribunale.  Questa mattina, l’istituto di ricerca Swg ha reso noto di aver incaricato i propri legali di ricorrere in sede di giustizia contro Agcom, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni: è questa la nuova puntata della “guerra dei sondaggi”.

All’origine della controversia, la lunga disputa sulla pubblicazione dei sondaggi politico elettorali anche nei fatidici 15 giorni di blackout, iniziati ufficialmente lo scorso sabato 9 febbraio.

Nelle scorse settimane, infatti, mentre quotidiani, trasmissioni televisive e siti web traboccavano di percentuali dei vari istituti di ricerca attivi sul territorio nazionale, uno di questi, Swg, aveva annunciato di poter proseguire nella divulgazione delle intenzioni di voto tramite un’applicazione per smartphone e tablet, in grado di “aggirare” il divieto.

Nulla di illecito, in realtà, perché, secondo le specifiche introdotte dalla stessa Authority, la pubblicazione delle indagini demoscopiche nelle due settimane pre-urne sono bandite da quelli considerati come mezzi di comunicazione di massa, recinto entro il quale, appunto, Agcom non includeva le piattaforme mobili.

Così, infatti, decretava il Garante il 14 gennaio 2013: “La disciplina dei sondaggi relativi ad indicazioni di voto si riferisce unicamente a quelli diffusi su mezzi di comunicazioni di massa e si ritiene che non possa definirsi tale un’applicazione per smartphone: essa altro non è che un software per cellulari accessibile esclusivamente da quanti, in base ad una scelta volontaria, abbiano deciso di scaricarla sul proprio telefonino.”

Strada spianata, insomma, per Swg e la sua rivoluzionaria applicazione: un successo assicurato, che avrebbe saziato la fame degli utenti di conoscere percentuali sempre aggiornate sui maggiori partiti in lizza, garantendo affari d’oro all’istituto demoscopico, che, non a caso, decise di piazzare la sua “PolitcApp” a 9,99 euro. “Inoltre – continuava infatti Agcom, sposando pienamente la linea di Swg – trattandosi di un’applicazione a pagamento, essa potrà essere fruita soltanto da un target definito di clienti paganti, da coloro, cioè, che abbiano deciso di acquistarla”.

Poi, lo scorso mercoledì 6 febbraio, a poche ore dallo stop ai sondaggi, l’improvviso dietrofront: con una nota, è stata l’Authority stessa a escludere la possibilità che i trend elettorali potessero essere diffusi tramite smartphone anche negli ultimissimi giorni di campagna, lasciando, però, tutti con l’amaro in bocca.

In primis, gli utenti, che avevano acquistato il software nella certezza, poi svanita, di leggere il consenso attribuito alle coalizioni day-by-day, fino alle ultime ore prima del voto. Ma soprattutto, a incassare il colpo è stata la stessa Swg che non ha potuto reagire in altro modo se non promettendo il rimborso a tutti coloro che avessero già proceduto all’acquisto.

Oltretutto, specifica ora il centro di ricerca, il giorno successivo alla retromarcia, all’Autorità era stata girata anche una lettera al fine di rivedere la propria posizione, nella speranza di convincerla a tornare sui suoi passi, a poche ore dallo stop nazionale.

Un appello cui,  comunica oggi Swg, non è giunta alcuna risposta. Così, ecco come una potenziale miniera d’oro si trasforma in una valanga di problemi, ormai materia per le aule di giustizia.  La casa di indagine promette di “ far accertare gli ingenti danni economico-patrimoniali e d’immagine subiti a causa del comportamento della stessa in merito a “PoliticApp”. In sostanza, all’Autorità è rimproverato un cambio di opinione tardivo, che avrebbe danneggiato pesantemente l’istituto.

Intanto, l’applicazione continua a essere scaricabile gratuitamente dai principali store online, rendendo note tutte le informazioni previste, con l’esclusione, naturalmente, delle percentuali accordate ai partiti.

A riprova della tensione tra i due protagonisti, ecco le parole con cui Swg completa il suo j’accuse verso l’Autorità Garante: “S’invoca la necessità di aumentare la consapevolezza dell’opinione pubblica, ma poi si mantiene il monopolio d’informazioni rilevanti nelle mani di pochi e si nega la ricerca palese di terzietà”.

E non è tutto: l’attacco del centro di ricerca non risparmia anche il sistema politico-istituzionale, laddove si punta il dito contro la “certezza del diritto”: Com’è possibile – si chiede Swg – che lo stesso ente, in pochi giorni, cambi completamente opinione sull’interpretazione di una legge?

Quello che resta, purtroppo, è la solita arretratezza degli organi istituzionali chiamati a governare dinamiche – come la comunicazione digitale – che viaggiano a velocità incomparabilmente più rapida della loro capacità di assumere un orientamento motivato, coi risultati disarmanti che, anche oggi, ci troviamo di fronte.

Francesco Maltoni

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