Si tratta di un cambiamento epocale nella disciplina del divorzio, secondo solo al referendum che ne sancì l’entrata definitiva nell’ordinamento nel 1974, diversi anni dopo l’approvazione.
E il testo definitivamente accolto dal Parlamento lo scorso 23 aprile – e pubblicato in Gazzetta ufficiale solo il giorno 11 maggio scorso – va a modificare proprio quegli articoli del Codice civile relativi ai tempi necessari per chiudere le pratiche del divorzio. Insomma, non ci sarà più il famoso obbligo dei tre anni.
I casi rimarranno comunque due:
se la separazione è consensuale, allora il divorzio sarà davvero brevissimo. In soli sei mesi marito e moglie potranno definitivamente dirsi addio;
se la separazione avviene per via giudiziale, invece, il termine è quello di 12 mesi.
Entrambe le scadenze decorrono dalla data di presentazione dei coniugi al cospetto del presidente del Tribunale: rimane, comunque, sempre possibile trasformare la separazione per controversia nella più comoda – ed economica – soluzione dell’addio consensuale.
Così procedendo, allora, la nuova legge dispone che la comunione legale venga sciolta nel momento in cui il Presidente del Tribunale autorizza i due coniugi a vivere in residenze separate, oppure che, qualora si proceda con separazione consensuale la fine degli effetti civili avvenga nel momento in cui i due ormai ex marito e moglie sottoscrivono il processo verbale, di fronte allo stesso giudice, che dovrà concedere l’omologazione.
Allo stesso modo, verrà comunicata la fine del matrimonio civile all’ufficiale di Stato responsabile nel Comune di residenza, affinché vengano concluse le pratiche per il divorzio.
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