Destinazione TFR: a datore, Inps o Fondi pensione: Le differenze

Paolo Ballanti 13/07/23
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Il Trattamento di fine rapporto è un elemento retributivo che, pur maturando in ogni mese di vigenza del contratto, è liquidato solo alla cessazione del rapporto: ogni dipendente che viene assunto deve scegliere la propria destinazione TFR.

A seconda di quelle che sono le scelte del lavoratore e le dimensioni dell’azienda, il Tfr può essere maturato e liquidato: 1) dal datore di lavoro (il cosiddetto “Tfr in azienda”); 2) dal datore di lavoro ma le somme sono a carico del Fondo tesoreria Inps; 3) dai fondi di previdenza complementare al momento dell’accesso alla pensione.

Cerchiamo ora di analizzare in dettaglio quali differenze ci sono tra il Tfr al Fondo tesoreria Inps e quello versato alla previdenza complementare (i fondi pensione).

Indice

Destinazione TFR, a Inps o Fondi pensione: come indicare la scelta

In tutti i casi di assunzione, il datore di lavoro è tenuto a fornire al dipendente il modello TFR2. Compilando il documento in questione, il lavoratore esprime la scelta se mantenere il Tfr in azienda (Fondo tesoreria) o, al contrario, destinarlo ad un fondo di previdenza complementare.

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In questa seconda ipotesi è necessario:

  • indicare il nome del fondo di previdenza;
  • riportare la data di adesione al fondo;
  • allegare al modello compilato copia del documento di adesione.

Destinazione TFR: il silenzio del lavoratore

Il TFR dev’essere riconsegnato entro 6 mesi dall’assunzione. In caso contrario, nel silenzio del lavoratore, il Tfr viene devoluto alla previdenza complementare, a decorrere dal mese successivo la scadenza del semestre.

In queste situazioni, il fondo di destinazione è:

  • la forma pensionistica individuata dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato, ovvero da accordi territoriali / aziendali;
  • in presenza di più forme pensionistiche collettive, al fondo individuato con accordo aziendale o, in assenza di specifico accordo, alla forma pensionistica alla quale ha aderito il maggior numero di lavoratori dell’azienda;
  • se le opzioni precedenti non sono praticabili, il Tfr è destinato ad una forma pensionistica complementare residuale rappresentata dal Fondo Cometa (Fondo nazionale pensione complementare per i lavoratori dell’industria metalmeccanica).

Destinazione TFR al Fondo tesoreria Inps

I dipendenti che decidono di mantenere il Tfr in azienda vedono gestirsi l’importo stesso in due modi differenti, a seconda di quella che è la dimensione aziendale:

  • per le aziende fino a 49 dipendenti, la gestione del Tfr è di competenza del datore di lavoro;
  • per le realtà con almeno 50 dipendenti il datore di lavoro versa il Tfr maturato al Fondo tesoreria Inps.

Nel secondo caso, il versamento del Tfr al Fondo tesoreria è dovuto per tutti i lavoratori, eccezion fatta per i dipendenti:

  • con rapporto di lavoro a termine di durata inferiore a 3 mesi;
  • a domicilio;
  • domestici;
  • stagionali del settore agro – alimentare, per i quali il termine del rapporto di lavoro non è prestabilito ma legato al verificarsi di un evento;
  • impiegati, quadri e dirigenti del settore agricolo, assicurati per il Tfr presso Enpaia;
  • per i quali i Ccnl (o gli accordi secondo livello) prevedono l’accantonamento delle quote di Tfr maturate presso soggetti terzi (si pensi, ad esempio, ai lavoratori dell’edilizia il cui Tfr è accantonato presso le Casse edili) ovvero la liquidazione periodica.

In sostanza, l’azienda versa mensilmente, con modello F24, il Tfr maturato dai dipendenti al Fondo tesoreria.

Consigliamo il libro “Paghe e contributi 2023”, come guida utile per l’elaborazione e la comprensione della busta paga 2023. Sono approfonditi tutti i passaggi necessari per l’elaborazione del cedolino e dei vari adempimenti connessi.
In queste pagine viene spiegata, anche con l’uso di schemi e tabelle, la determinazione degli importi spettanti ai dipendenti, calcolando malattia, maternità, infortunio, liquidazione del TFR ecc. che possono verificarsi nello svolgimento del rapporto di lavoro, e calcolando anche i contributi previdenziali e le ritenute fiscali.

In sede di cessazione del rapporto:

  • le quote accantonate (e rivalutate) di Tfr vengono anticipate in busta paga dal datore di lavoro;
  • il datore di lavoro recupera nei confronti dell’Inps le somme anticipate in cedolino, utilizzandole come credito che diminuisce l’ammontare dei debiti dovuti con F24 all’Inps.

Rivalutazione del TFR al Fondi di tesoreria Inps

Le quote di Tfr accantonate al Fondo tesoreria vengono rivalutate con le stesse modalità previste per le somme rimaste in azienda. L’unica differenza è che la rivalutazione (al pari della quota mensile di Tfr) è a carico dell’Inps.

E’ utile ricordare che, al fine di far fronte agli effetti dell’inflazione, l’importo degli accantonamenti annuali, con esclusione della quota maturata nell’anno, è soggetto a rivalutazione su base composta al 31 dicembre di ogni anno (o al momento della cessazione del rapporto di lavoro, se antecedente).

La rivalutazione del fondo si calcola applicando un tasso costituito dal valore fisso dell’1,5% più il 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall’Istat, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.

Di conseguenza, alla cessazione del rapporto (ovvero nelle ipotesi di anticipo del Tfr) al dipendente spetta la somma delle due componenti: accantonamento annuale + rivalutazione.

Destinazione TFR al Fondo pensione

L’azienda è tenuta a versare il Tfr al fondo scelto dal dipendente, a decorrere dal mese successivo quello della consegna del modello TFR2.
A seconda di quelli che sono i regolamenti dei fondi di previdenza (e le scelte stesse del lavoratore) oltre al Tfr possono essere versati anche contributi a carico del lavoratore e dell’azienda.

A differenza di quanto accade con il Tfr lasciato in azienda o versato al Fondo tesoreria, rivalutato in base alla quota fissa dell’1,5% più il 75% dell’indice Istat, le somme versate alla previdenza complementare vengono investite in base al profilo di rischio scelto dall’aderente. Ad esempio un profilo “dinamico” vede le somme investite prevalentemente sui mercati azionari e, in misura inferiore, su quelli obbligazionari.

Destinazione TFR, all’Inps o ai fondi pensione: differenze

Oltre alle differenze in materia di rivalutazione, appena citate, la prima importante differenza tra Tfr al Fondo tesoreria o alla previdenza complementare, riguarda l’accessibilità alle somme accantonate.

Il Tfr accantonato in tesoreria è liquidato alla cessazione del rapporto. Al contrario, eccezion fatta per le anticipazioni e i riscatti (soggetti comunque ad una serie di requisiti) le somme destinate alla previdenza complementare saranno disponibili solo al pensionamento.  

Un’altra importante differenza riguarda il trattamento fiscale del Tfr.

In caso di accantonamento al Fondo tesoreria il Tfr è soggetto a tassazione separata che, a seconda dei casi, può toccare percentuali pari o superiori al 23%.
Al contrario, in caso di adesione alla previdenza complementare, le somme liquidate al pensionamento, relativamente ai contributi versati dal 1° gennaio 2007, subiscono una ritenuta a titolo d’imposta del 15%.

Tuttavia, se l’anzianità di partecipazione al fondo è superiore ai 15 anni, l’aliquota diminuisce dello 0,30% per ogni anno di successiva adesione, sino al limite massimo di riduzione corrispondente al 6%.

Di conseguenza, gli aderenti che hanno totalizzato 35 anni di partecipazione al fondo pensione vedranno applicarsi una tassazione al 9% e non al 15%.

Da notare che la parte di rendita derivante da contributi non dedotti o dai rendimenti della gestione, è completamente esente da imposte.
Ultima ma non meno importante è la deducibilità dall’Irpef (entro il limite di 5.164,57 euro) dei versamenti a carico del contribuente e / o del datore di lavoro.

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