Dedicato ai papà che se ne vanno

…papà Giuseppe si spense serenamente…  accanto ai figli che gli bagnavano le labbra… accanto ai nipoti che gli baciavano la fronte…  accanto al fido Belardo che gli leccava la mano gelida per tentare di riscaldargliela… accanto a don Pietrino che gli metteva un rosario tra le dita ricordandogli di non perderlo per strada… accanto ai vicini di casa che portavano biscotti e caffè caldo per rianimare la stanchezza delle notti di veglia… accanto alla donna che lo aveva reso padre e che non si dava pace di non averlo potuto anticipare…

Una volta si moriva sempre così, dolcemente, amorevolmente, serenamente.

Oggi si muore così solo nelle case dei buoni, di quelli che hanno scelto di abbracciare i valori veri, lontani dal materiale, dall’egoismo, dalla diaspora  familiare.

Oggi i padri muoiono troppo spesso nelle mani di badanti in cerca di soldi (non tutte ma alcune realmente così), nelle mani di infermieri delle case di riposo, nelle mani di figli che gli danno una martellata in testa per rubargli la pensione, nelle mani di famiglie che li abbandonano al loro destino, nelle mani di estranei inteneriti dalla loro solitudine.

Nessuna pena al mondo, nessun diritto penale, nessun processo penale potrebbe mai ripagare la crudeltà di avere  tolto ad un padre  la quiete di una morte serena in mezzo ai propri cari.

“All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro?” si chiedeva Ugo Foscolo nel “Dei Sepolcri”.

Sì. Il sonno della morte è meno duro se chi rimane fa addormentare il proprio caro con una ninna nanna. Che gli resterà dentro e lo accompagnerà dolcemente per tutta la vita.

La sua e quella del padre che continuerà a vivere in lui…

Franzina Bilardo

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