Tuttavia, ai fini dell’accoglimento della domanda di risarcimento, non è sufficiente provare il legame parentale, bensì, come ha avuto modo di precisare la Corte di cassazione – Sezione III civile con la sentenza 22 ottobre n. 23917 “ La liquidazione del danno non patrimoniale, subito dai congiunti in conseguenza dell’uccisione del familiare, deve tener conto dell’intensità del relativo vincolo, della situazione di convivenza e di ogni ulteriore utile circostanza, quali la consistenza più o meno ampia dello stesso nucleo familiare e l’intensità del relativo vincolo; le abitudini di vita; la situazione di convivenza”.
In particolare, nel caso di specie, la Corte ha rigettato la richiesta di risarcimento del danno parentale avanzata dai fratelli naturali di un giovane ,vittima di un incidente stradale, in quanto dalla sentenza impugnata, è emerso, senza essere mai stato contestato, che “ tra i fratelli in questione non vi è mai stato alcun rapporto, non solo affettivo ma anzitutto sociale. Manca in particolare la prova oltre che di una qualche frequentazione, tra (….) ed il fratello poi defunto, finanche di una loro conoscenza. La morte del fratello fu dunque MORTE DI UNO SCONOSCIUTO, ed il danno che si lamenta assume, in questa prospettiva, dimensione virtuale e non reale”.-
Tanto, era già stato ribadito dalla stessa Corte in altra circostanza, con la sentenza n. 1410/2011, in occasione della quale non veniva accolta la richiesta di risarcimento danni in favore del concepito, in quanto “il solo concepimento e la mancata esistenza in vita della congiunta al momento del fatto esclude l’esistenza di un vincolo familiare idoneo a configurare il danno parentale del quale la giurisprudenza ammette il risarcimento”.
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