Covid, affitto non pagato in lockdown: inadempimento non grave

Elena Bucci 05/03/21
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Non sono certamente rari i casi di affitto non pagato durante i mesi di lockdown causati dalla pandemia di Covid. Ma quali sono le conseguenze? Data l’emergenza sanitaria in atto e le misure stringenti di quarantena obbligatoria estese a tutto il territorio nazionale, in quali casi questo è da considerarsi un inadempimento grave e dunque motivo di risoluzione del contratto?

In tutta risposta, il 15 dicembre 2020 il Tribunale ordinario della Spezia ha reso nota la sentenza numero 617, in cui la controversia affrontata riguarda proprio l’inadempienza del conduttore, in relazione al mancato pagamento di tre canoni periodici durante i mesi di lockdown, e la possibilità di risoluzione del contratto come conseguenza ad un inadempimento considerato grave.

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Vediamo ora la natura della controversia e la decisione del Tribunale della Spezia riportarte nella sentenza numero 617.

Covid, affitto non pagato in lockdown: la controversia

Il caso in questione presenta un conduttore di un contratto di locazione ad uso non abitativo stipulato nel 1989 il cui affitto risulta non pagato durante i tre mesi di lockdown dovuto all’emergenza sanitaria da Covid.

Il conduttore ha dunque ricevuto dalla proprietaria dell’immobile un’intimazione di sfratto per morosità, a seguito della quale si è impegnato nel pagamento dei canoni di locazione appellandosi proprio alla situazione di grave emergenza che aveva causato un fermo della sua attività professionale.

All’udienza, la proprietaria dell’immobile ha richiesto la dichiarazione di risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento del conduttore.

Covid, affitto non pagato in lockdown: la decisione

In primo luogo occorre specificare che, a differenza dei canoni di locazione ad uso abitativo, quelli ad uso commerciale o non abitativo non presentano un preciso e definito numero di canoni di locazione che qualificano come grave l’inadempimento. Secondo la giurisprudenza, infatti: “in tema di risoluzione del contratto di locazione di immobili urbani ad uso diverso da quello abitativo, benché il criterio legale di predeterminazione della gravità dell’inadempimento, ex art. 5 della l. n. 392 del 1978, non trovi diretta applicazione, cionondimeno esso può essere tenuto in considerazione quale parametro di orientamento per valutare in concreto, ai sensi art. 1455 c.c., se l’inadempimento del conduttore sia stato o meno di scarsa importanza”.

Come stabilire quindi la scarsa o non scarsa importanza dell’inadempimento?

Un importante aspetto da considerare per rispondere a questa domanda è che il canone di affitto non pagato, di tre mensilità, è stato saldato prima dell’intervento del giudice e che si è verificato in pieno lockdown, durante un periodo di emergenza sanitaria dovuta alla pandemia di Covid, come recita la sentenza: “va considerato che l’inadempimento si è verificato durante il periodo di emergenza sanitaria causata dal c.d. Covid19 che ha sicuramente inciso, seppure in via riflessa, anche sulle attività professionali che hanno continuato ad essere esercitate come quella del convenuto”.

La valutazione del caso, per stabilire la gravità dell’inadempimento e l’eventuale possibilità di risoluzione del contratto, dovrà quindi tenere conto dei seguenti fattori:

  • l’importo non rilevante di sole tre mensilità;
  • il pagamento non effettuato per via di una situazione emergenziale straordinaria che ha imposto un fermo all’attività professionale del conduttore;
  • la buona fede del conduttore nel saldare il debito prima dell’intervento del giudice.

In questo caso, dati questi elementi (come citato nella sentenza: “importo non rilevante della morosità, durata temporanea della medesima e circoscritta ai mesi dell’emergenza sanitaria, condotta del convenuto improntata alla correttezza e alla buona fede”), il giudice ha valutato come non grave l’inadempimento del locatario e di conseguenza non accoglie la domanda di risoluzione contrattuale.

Covid, affitto non pagato in lockdown: la conclusione

Riepilogando, il Tribunale della Spezia ha dunque respinto la domanda della proprietaria dell’immobile di risoluzione del contratto di locazione ad uso non abitativo perché ha ritenuto non sussistente il grave inadempimento del conduttore, tenendo conto:

  • dell’importo non rilevante della morosità (3 mensilità di canone non pagate);
  • della durata temporanea del ritardo nel pagamento circoscritto ai mesi dell’emergenza sanitaria;
  • della buona fede dimostrata dal conduttore saldando le mensilità di affitto non pagate prima dell’intervento del giudice.

In conclusione, in tutte le casistiche, per poter dichiarare la risoluzione del contratto di locazione ad uso non abitativo occorre necessariamente valutare l’inadempimento del conduttore il quale deve essere qualificato grave, ovvero di non scarsa importanza, ai sensi dell’art. 1455 c.c..

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Elena Bucci

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