Coronavirus e Smart working 2020: in quali aziende, le regole e il Decreto

Chiara Arroi 26/02/20
Scarica PDF Stampa
Via libera allo smart working 2020 per l’emergenza sanitaria del Coronavirus. Il Governo ha varato il Decreto che semplifica l’accesso al lavoro da remoto nelle aziende e in 6 Regioni italiane. Tutto per fronteggiare e limitare il diffondersi dell’epidemia, a partire da uno dei luoghi che più coinvolge la vita quotidiana della popolazione italiana: il posto di lavoro.

Il DPCM 25 febbraio 2020, Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 25 febbraio 2020 n. 47, consente l’applicazione automatica del lavoro da casa fino al 15 marzo 2020, in 6 Regioni italiane, a tutti i lavori subordinati, senza l’ostacolo di eventuali accordi previsti. Questa nuova modalità di lavoro anti-contagio è dunque subito applicabile.

Ovviamente tutto ciò è a prescindere dall’organizzazione interna di cui molte aziende si sono già dotate, consentendo ai propri dipendenti di lavorare da casa, applicando appunto l’istituto dello Smart working, già presente nel nostro ordinamento.

Sottolineamo infatti che, oltre alle aziende, anche le scuole hanno cominciato a svolgere lezioni da casa. Si può dire quindi che, oltre allo smart working, l’Italia sta sperimentando lo smart studying.

Nota bene: diverse iniziative sono già state adottate a fronte dell’emergenza sanitaria causata da Covid-19, tra cui:

I manager italiani applaudono alla decisione del Governo di incentivare e applicare lo smart working 2020 in modo automatico, per evitare la diffusione del Coronavirus.

“Va nella direzione giusta l’intervento del governo che ha esteso a tutte le regioni del Nord Italia la possibilità di applicare lo smart working in via automatica”, ha infatti dichiarato il presidente Federmanager, Stefano Cuzzilla, a commento del decreto legge recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

L’idea è quella di partire da questa nuova emergenza sanitaria, che sta bloccando il Paese, per portare nelle aziende la cultura del lavoro da remoto o, appunto, smart working. Perché a conti fatti se ne parla tanto, ma ancora così poco si applica.

Vediamo in cosa consiste lo smart working, in quali Regioni è stato reso subito applicabile, fino a quando, e tutte le regole da seguire.

Coronavirus a Smart working: il Decreto del Governo 

Già il 3 febbraio il ministero della Salute ha emanato la circolare 3190/2020 in cui ordina ai datori di lavoro di farsi carico di:

  • fornire a tutti i dipendenti linee guida di comportamento nel luogo di lavoro , in linea con le indicazioni fornite man mano dal ministero della Salute
  • mettere a disposizione eventuali dispositivi medici per l’igiene personale, degli ambienti, consone anche al tipo di attività lavorativa .
  • verificare quotidianamente lo stato di salute, con riguardo ai sintomi del coronavirus.
    annullare ogni trasferta o viaggio nelle zone a rischio.

E’ arrivato ora il Decreto del Consiglio del ministri, il Dpcm del 23 febbraio 2020, pubblicato in Gazzetta ufficiale, per rendere immediato il ricorso allo smart working nelle zone considerate a rischio per l’emergenza Coronavirus.

Ciò significa che in queste zone stabilite, viene consentito di lavorare da remoto, per favorire il normale svolgimento dell’attività lavorativa. E questo viene permesso anche in assenza di accordo individuale. 

Coronavirus: le regole di applicazione smart working 

Nel Decreto viene specificato che: “La modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, e’ applicabile in via automatica ad ogni rapporto di lavoro subordinato nell’ambito di aree considerate a rischio nelle situazioni di emergenza nazionale o locale nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni e anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti”.

Coronavirus e smart working: quali Regioni coinvolte

Il Decreto del Governo include 6 Regioni italiane, in cui si potrà utilizzare in modo semplificato il lavoro agile, consentendo ai dipendenti di non recarsi sul posto di lavoro e di restare a lavorare a casa:

  • Emilia Romagna,
  • Friuli Venezia Giulia,
  • Lombardia,
  • Piemonte,
  • Veneto e
  • Liguria

In queste aree via libera immediata alla possibilità di lavorare da casa.

Coronavirus: durata dello smart working automatico

La durata di questo provvedimento è fissata, al momento, fino al 15 marzo, sperando che la diffusione dei contagi segni una battuta d’arresto. Quindi lo smart working aziendale sarà applicabile automaticamente fino al 15 marzo in queste 6 Regioni.

Ribadiamo ancora una volta che molte altre aziende si sono già attrezzate consentendo ai propri dipendenti questa opportunità, a prescindere dal Decreto.

Cos’è lo smart working

Tutto bello, ma cos’è davvero lo smart working? Cosa significa e che impatto ha sul lavoro?

Iniziamo col dire che questo termine inglese, che tanto si sta diffondendo in questi giorni in Italia, descrive una cosa molto semplice: un nuovo e diverso modo di lavorare nelle aziende. Una modalità di lavoro flessibile, che include la possibilità per i dipendenti di non chiudersi in ufficio 8 ore per svolgere le proprie mansioni, ma di poterlo fare anche da casa.

Si permette quindi al dipendente di lavorare da casa (da remoto), organizzandosi in base ai propri impegni quotidiani: portare i bimbi all’asilo o a scuola, ad esempio. Si può lavorare da remoto a giorni alterni, in giorni oppure orari prestabiliti, tutto in base al tipo di organizzazione scelta in accordo con il datore.

Come viene applicato lo smart working 

Ovviamente tutto è subordinato ad alcune regole di applicazione. Diciamo subito che il lavoro da remoto può essere applicato in caso di contratti a tempo indeterminato e a termine. Occorre seguire una procedura di stipula in forma scritta di un accordo volontario tra le parti.

Si pone infatti l’accento sulla:

  • flessibilità organizzativa,
  • volontarietà delle parti che sottoscrivono l’accordo individuale,
  • sull’utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare da remoto (come ad esempio: pc portatili, tablet e smartphone).

A partire dal 15 novembre 2017, le aziende sottoscrittrici di accordi individuali di smart working possono procedere al loro invio tramite l’apposita piattaforma informatica messa a disposizione sul portale dei servizi del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Per accedere sarà necessario possedere SPID; per tutti i soggetti già in possesso delle credenziali di accesso al portale dei servizi del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, si potrà utilizzare l’applicativo anche senza SPID.

Nell’invio dell’accordo individuale dovranno essere indicati i dati del datore di lavoro, del lavoratore, della tipologia di lavoro agile (tempo determinato o indeterminato) e della sua durata. Sarà, inoltre, possibile modificare i dati già inseriti a sistema o procedere all’annullamento dell’invio.

Questa regola viene sospesa fino al 15 marzo per via del Coronavirus: per cui non saranno necessari accordi individuali per accedere allo smart working. Il ricorso al lavoro agile sarà automatico.

Smart working 2020: si viene pagati di meno? 

Diffidate del datore che vi offre l’opportunità di lavorare da remoto con una decurtazione dello stipendio. Lo smart working obbliga alla parità di trattamento economico e lavorativo del dipendente. Non si viene quindi pagati di meno. E non ci possono essere ricatti di alcun tipo. Cambia solo la sede di lavoro, ma non la busta paga.

E c’è di più: si resta comunque dipendenti assicurati all’Inail, esattamente come i colleghi che continuano a lavorare con modalità ordinarie in azienda.

Potrebbero interessarti gli E-book:

CORONAVIRUS COVID-19

La storia ci insegna che da sempre le società umane combattono, ciclicamente, la loro guerra contro le epidemie, questo nemico astuto, insidioso, implacabile, e soprattutto, privo di emozioni e scrupoli. Eppure, le società umane hanno sempre vinto. Oggi il progresso scientifico e tecnologico sembra librarsi ad altezze vertiginose. Ma, nella guerra contro le epidemie, le armi dell’umanità sono e saranno probabilmente le stesse di quelle che avevamo a disposizione quando questo inarrestabile progresso aveva appena cominciato a svilupparsi, come nel XV secolo della Repubblica di Venezia, nell’800, nei primi anni del ’900. Oggi, è vero, la comunità internazionale può contare su un’incrementata capacità di sorveglianza epidemiologica, su una solida esperienza nella collaborazione tra Stati, su laboratori in grado di identificare i virus e fare diagnosi, su conoscenze scientifiche in continuo progresso, su servizi sanitari sempre migliori, su agenzie internazionali come l’OMS, l’ISS italiano e il CDC americano. Ma oltre alle conoscenze, ai vaccini e ai farmaci, all’organizzazione dei servizi sanitari, per affrontare con successo le epidemie è molto importante il senso di appartenenza alla comunità, la solidarietà sociale e l’aiuto reciproco fra persone. Di fronte ad una minaccia sanitaria, la fiducia nello Stato e nelle scelte delle autorità sanitarie, la consapevolezza del rischio e la solidarietà umana possono aver la meglio sull’ignoranza, l’irrazionalità, il panico, la fuga e il prevalere dell’egoismo che in tutti gli eventi epidemici della storia hanno avuto grande rilevanza.     Walter Pasiniè un esperto di sanità internazionale e di Travel Medicine. Ha diretto dal 1988 al 2008 il primo Centro Collaboratore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la Travel Medicine.

Walter Pasini | 2020 Maggioli Editore

9.90 €  8.42 €

SMART WORKING E CORONA VIRUS

Lo sviluppo delle nuove tecnologie e il processo di digitalizzazione, denominato Industria 4.0, che coinvolge l’attuale contesto economico e sociale, ha determinato necessariamente dei cambiamenti anche nel modo di concepire la prestazione lavorativa, ad oggi caratterizzata dalla destrutturazione spazio-temporale.La flessibilità degli orari e del luogo della prestazione di lavoro, diventa una necessità ed una soluzione che grazie all’utilizzo dell’ ITC (information technology) si realizza concretamente.Le nuove tecnologie, in particolare quelle collaborative ed i social media, hanno concesso la possibilità di mettersi in contatto con chiunque ed in qualsiasi momento, e ciò ha completamente stravolto la cultura d’impresa.Invero, il sempre maggiore utilizzo di internet nonchè dei nuovi mezzi di comunicazione ha fatto sì che le distanze venissero meno o comunque si accorciassero, modificando notevolmente quello che era il modo di lavorare e di fare impresa.A tal proposito il diritto del lavoro si trova a fare i conti con queste nuove esigenze che necessitano di un intervento regolativo.Con la legge 81/2017 è stato introdotto e disciplinato il “Lavoro Agile”, meglio definito “Smart Working” e, per la prima volta in Italia, tale specifica modalità di svolgimento della prestazione lavorativa è stata inserita all’interno di un quadro normativo, che verrà trattato nel proseguo.Lo Smart Working, più precisamente, può essere definito come quell’“insieme di modelli organizzativi, moderni e non convenzionali, caratterizzato da un elevato livello di flessibilità nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti di lavoro, e che fornisce a tutti i dipendenti di un’azienda le migliori condizioni di lavoro”.Una delle tendenze che caratterizza il mercato del lavoro è, senza ombra di dubbio, la richiesta di flessibilità da parte dei lavoratori e di soluzioni che diano risposta al loro bisogno di conciliazione tra vita privata e vita lavorativa.Ed infatti la ratio posta alla base della L. 81/2017 è rappresentata proprio dall’incremento della competitività e della conciliazione dei tempi vita lavoro definito come work life balance.Questo concetto assai significativo consiste proprio nel bilanciamento tra il tempo dedicato al lavoro e alla carriera e quello dedicato a prendersi cura della famiglia e del proprio tempo libero.Le difficoltà nel gestire e bilanciare i tempi di vita nonché quelli di lavoro possono comportare, ancora, un ulteriore costo per il lavoratore in termini di riduzione del benessere; ciò può portare di conseguenza anche a compromettere la qualità della prestazione lavorativa e la produttività delle ore dedicate al lavoro.Come emerge dagli ultimi dati elaborati dall’Osservatorio smart working, i lavoratori smart mediamente presentano un grado di soddisfazione e coinvolgimento nel proprio lavoro molto più elevato di coloro che lavorano in modalità tradizionale: il 76% si dice soddisfatto della sua professione, contro il 55% degli altri dipendenti; uno su tre si sente pienamente coinvolto nella realtà in cui opera e ne condivide valori, obiettivi e priorità, contro il 21% dei colleghi. Inoltre, sono più soddisfatti dell’organizzazione del proprio lavoro (il 31% degli smart worker contro il 19% degli altri lavoratori), ma anche delle relazioni fra colleghi (il 31% contro il 23% degli altri) e della relazione con i loro superiori (il 25% contro il 19% degli altri).Tutto ciò naturalmente, comporta risvolti positivi anche nei confronti delle aziende, tra questi spiccano l’incremento di produttività, la riduzione del tasso di assenteismo, la capacità di attrarre i talenti, l’aumento dell’engagement, il miglioramento delle competenze digitali e l’ottimizzazione della gestione degli spazi.Uno spazio all’interno di questa trattazione è dedicato agli ultimi interventi normativi circa l’utilizzo dello smart working come strumento per consentire la prosecuzione dell’attività lavorativa nella situazione di emergenza in cui si trova il nostro paese, dovuta al diffondersi del virus Covid-19.Massimiliano MatteucciConsulente del Lavoro in Roma. Partner Nexumstp Spa. Cultore della materia e Professore a contratto presso università pubbliche e private. Autore di numerose pubblicazioni in materia di Lavoro e relatore a convegni e seminari.

Massimiliano Matteucci | 2020 Maggioli Editore

10.30 €  8.76 €